Mongolia: la nuova corsa all’oro e quei nomadi che diventano Ninja, miserabili e affamati

In Mongolia, nel profondo occidente del paese, si estendono lunghe distese di terra riarse. Ad uno sguardo dall’alto, qui si vede solo sabbia e qualche tenda. Per secoli questi paesaggi quasi spettrali hanno avuto i nomadi come soli abitanti. La terra è arida e secca, e quando piove l’acqua non scorre. Non c’è dunque la possibilità di coltivare, e i mongoli hanno sempre vissuto in uno stato di semi-nomadismo.

Da anni la Mongolia si è scoperta un sottosuolo rigurgitante di ricchezze naturali. Lo sfruttamento di queste risorse sta cambiando la faccia del paese, il cui prodotto interno lordo già oggi dipende per metà dalle attività di estrazione. Nell’estremo occidente del paese, nel Far West del Mongolia, è nata una nuova figura professionale, quella del Ninja. La caccia all’oro che sconvolse la California e segnò le coscienze dell’occidente moderno ha una nuova versione contemporanea in quello che succede in Mongolia. Orde di poveri cittadini di queste province semidesertiche, spesso ex nomadi che combattono per la sopravvivenza, si radunano nei pressi di miniere dismesse con lo scopo di raschiare le ultime briciole d’oro che le compagnie minerarie hanno trascurato di portarsi via. Li chiamano Ninja, perché come quegli eroi mutanti, hanno un carapace verde, ossia un tinello di plastica, a volte un setaccio, per trovare e depositare, se sono stati fortunati, le pepite d’oro.

Sono obbligati a delle condizioni di lavoro massacranti, in un ambiente malsano, senza protezioni sociali, senza equipaggiamento. Non sono tuttavia gli ultimi della società. Qualcuno è perfino venuto qui da Ulan Bator, la capitale del paese. I quattro cinque euro che si possono guadagnare qui al giorno possono superare i salari di certi mestieri cittadini. Le interviste rivelano che non tutti sono qui per una questione di sopravvivenza. Più di uno racconta che è qui per poter pagare le rette universitarie di un figlio o un parente.

Le piccole società che vengono a formarsi in questa terra paradossale, dove i nomadi diventano cercatori d’oro, potrebbero assomigliare a quei primitivi baraccamenti di cercatori d’oro che costituiscono l’immaginario del “Gold Rush” e che furono spesso il preludio di vere cittadine. Al posto delle case di legne qui si trovano le tipiche tende circolari e qualche baracca a servire da alimentari. Di cavalli non ce ne sono più, ma al loro posto si trovano delle motociclette.

Questa realtà può sembrare alle nostre coscienze europee ammantata di folclore. Essa rappresenta però un fenomeno vasto e storicamente rilevante. Secondo stime ufficiali, i Ninja sono oggi 100.000, una cifra enorme, se si considera che la Mongolia ospita al suo interno 2.9 milioni di persone.

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fmontorsi