Obama minacciato di morte da un veterano settantenne. Lo spettro americano del presidente assassinato

Un uomo di 77 anni della Carolina del Sud è stato arrestato a causa della sua presunta decisione di uccidere il presidente americano Barack Obama. L’uomo, un veterano della guerra in Vietnam, avrebbe detto a degli agenti segreti venuti a parlare con lui di voler sparare ad Obama «per quello che sta facendo a questo paese». In base a quanto riferito, Michael Bowden avrebbe parlato per la prima volta di uccidere Obama durante un controllo di routine in una clinica per veterani a Spartanburg. L’anziano ha detto ad un’infermiera che «stava pensando di andare a Washington DC per sparare al presidente «perché non sta facendo abbastanza per gli afroamericani». Nella casa dell’uomo, immediatamente perquisita quando l’FBI è venuto a sapere dei propositi dell’uomo, è stato trovato un arsenale. Il veterano teneva accanto al suo letto una pistola e un fucile semiautomatici completamente carichi. Nella camera da letto del figlio gli agenti hanno trovato altre 12 pistole.

Fin dalle primarie democratiche, si era posta la questione del pericolo che Obama eventualmente, una volta eletto, avrebbe corso (e d’altronde due individui dell’estrema destra americana sono stati arrestati nel 2008, quando Obama era ancora solo il candidato democratico, per un progetto di omicidio). La sua condizione di primo presidente afroamericano lo metterebbe, secondo molte voci, particolarmente esposto alla follia fanatica di eventuale schegge impazzite della destra bianca suprematista o alle tendenze omicide di psicopatici.

D’altronde per l’America la minaccia di un assassinio presidenziale è un’eventualità iscritta nella storia e nel DNA culturale del paese. Le immagini di Dallas, 1963, quando il presidente Kennedy fu ucciso a bordo della sua auto presidenziale da un cecchino appostato su un tetto, sono ormai parte della cultura popolare collettiva. Ma altri presidenti sono stati uccisi durante il loro mandato politico. Dopo JFK, il più famoso di tutti è Abraham Lincoln. La scena è nota a tutti gli americani per averla vista decine di volte, nelle rappresentazioni teatrali studentesche, nei film, nelle serie televisivi, o per averla letta nei libri e nei manuali di storia. Lincoln assiste ad uno spettacolo a teatro, mancano pochi giorni e la sanguinosa Guerra di Secessione Americana finirà, quando un simpatizzante sudista entra nella loggia del presidente e gli spara al grido di “Syc semper tyrannis”.

William McKinley, quasi completamente dimenticato dalla storia, è un altro presidente americano uccisi durante il suo mandato. McKinley fu ucciso nel 1901 mentre visitava un’esposizione panamericana da Leon Czolgos, di origini polacche. Erano gli “anni d’oro” della minaccia armata arnarchista. Il regicidio – nella sua variante presidenziale – era allora molto praticato. Qualche anno prima l’italiano Sante Geronimo Caserio aveva nel 1894 pugnalato a morte il presidente della repubblica francese Sadi Carnot mentre pochi mesi prima dell’assassinio di McKinley un altro anarchista italiano, Gaetano Bresci, aveva ucciso Umberto I, il secondo re d’Italia.

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fmontorsi