Incredibile, ma vero. La maggior parte dei politici omofobi americani pare abbia almeno un parente omosessuale a casa. E chissà se tutti questi benpensanti, anche alla cena del Ringraziamento, si rivolgeranno alla figlia o alla sorella lesbica dandole della “deviata”, come sono soliti apostrofare i gay nei loro infuocati comizi.
A ricordarequesti imbarazzanti “scheletri nell’armadio” dei repubblicani duri e puri è il sito americano Gawker, che dedica un articolo alle ramificazioni omosex degli alberi genealogici dei grandi difensori della famiglia tradizionale.
Primo tra tutti, è sicuramente l’ex vice presidente degli Stati Uniti, Dick Cheney, che negli anni della conservatrice amministrazione Bush si trovò a vivere un vero e proprio paradosso: la figlia Mary, infatti, era dichiaratamente lesbica, come lo è oggi anche la sorella della nuova regina del Tea Party nel Delaware, Christine O’Donnell, balzata agli onori delle cronache per la sua accesa condanna della masturbazione (oltre che dei gay in generale).
C’è chi, per salvare la coerenza (e la faccia) davanti all’elettorato più intransigente, non ha esitato a disconoscere i figli: è il caso di Alan Keyes, candidato per ben tre volte alla presidenza degli Stati Uniti (nel 1996, nel 2000 e nel 2008), che buttò fuori di casa la figlia Maya, quando nel 2005, a 20 anni, si dichiarò lesbica. Salvo poi smentirsi e riaccogliere la “figliol prodiga” tra le sue braccia perché tagliarla fuori dalla famiglia «sarebbe stato sbagliato agli occhi di Dio».
C’è invece chi ha preferito negare l’evidenza, come l’ex fedelissimo di George W. Bush, Karl Rove, che ha sempre finto di ignorare che il padre fosse gay e che questa fosse la ragione del divorzio dei suoi genitori. Come a dire che i panni sporchi, a volte, non si lavano nemmeno in casa.