Controverso scoop della rivista LGBT del Minnesota “Lavander”, che la scorsa settimana ha “sbugiardato” un noto pastore anti-gay, Tom Brock, rivelandone l’omosessualità.
John Townsend, il reporter che ha firmato l’articolo, si sarebbe infiltrato in incognito in un gruppo d’aiuto per uomini gay “che hanno problemi con la castità”. Una specie di Alcolisti Anonimi, di cui, in effetti, riprende anche i “12 passi”. Il gruppo sarebbe sponsorizzato dalla Faith in Action, braccio operativo ufficiale dell’organizzazione cattolica per la castità tra i gay “Courage”.
Secondo il sito americano Gawker, però, in questo caso il fine non giustificherebbe i mezzi. «Gli incontri di auto-aiuto, che siano per alcolisti, tossicodipendenti, malati di gioco d’azzardo o per “gay che hanno problemi con la castità” sono basati sull’anonimato. Non funzionano se i partecipanti pensano che ci sia un reporter infiltrato pronto a spiattellare tutti i loro segreti» scrive il redattore Hamilton Nolan.
Insomma, si tratterebbe di una questione etica. «Dal momento che salvano vite umane, il loro anonimato dovrebbe essere rispettato dalla stampa. Così come un giornale non pubblica i movimenti dell’esercito per non mettere a repentaglio la vita dei soldati o non svela i nomi degli informatori della polizia che potrebbero essere uccisi, così non dovrebbe spiattellare i segreti di una persona in terapia» continua il sito.
Il confine, come spesso accade, è molto sottile. Brock non era un pastore qualunque. Per dirne una, racconta Hart Van Denburg sul blog di Citypages, quando un tornado colpì Minneapolis lo scorso anno e buttò giù la croce della chiesa luterana centrale della città, Brock sostenne alla radio che quella fosse una punizione divina perché in quel momento alla convention della Chiesa Evangelica Luterana d’America si stava votando una risoluzione per accettare le unioni omosessuali e consentire alle persone apertamente gay di prendere i voti. Il pastore avrebbe anche fatto notare la “diabolica” percentuale di approvazione: 66,6 per cento.
Il dibattito è aperto: prevale la privacy o la denuncia dell’ipocrisia di un personaggio pubblico? E, ancora, quello di Faith in Act è realmente un gruppo d’aiuto o finisce per reprimere la sessualità di persone confuse? Il dibattito è aperto.
