Il New York Times, che domenica aveva difeso il suo “obbligo” a seguire la vicenda dei preti pedofili anche se si tocca il Papa, dedica martedì un articolo al modo con cui l’allora Ccrdinale Joseph Ratzinger reagì al caso del cardinale Hans Hermann Groer, l’arcivescovo di Vienna accusato di molestie sessuali su minori negli anni Novanta.
“Un esame dell’inchiesta dipinge un quadro a molte facce delle azioni dell’uomo che sarebbe diventato Papa”, scrive il giornale in una corrispondenza da Vienna. Secondo il Times, “un esame dettagliato della ascesa e della caduta di Groer, che è morto nel 2003, e il coinvolgimento di Benedetto, un teologo bavarese con molti rapporti con l’Austria, descrivono un panorama più complesso” di quello che fanno i difensori del Papa secondo cui Ratzinger si mosse con determinazione, anche se discretamente, contro gli abusi, ma che i suoi sforzi per mettere in piedi un processo canonico furono fermati da alte gerarchie del Vaticano.
Secondo le fonti del giornale, Ratzinger era molto ascoltato da papa Giovanni Paolo II e nel 1985 fu in grado di fermare una candidatura influente – quella del reverendo Kurt Krenn – all’arcidiocesi di Vienna aprendo la strada alla nomina di Groer. “I critici si chiedono adesso come questa influenza gli venne meno nove anni dopo, quando cercò di condurre in porto una inchiesta più a fondo sul caso”.
Sul no a Krenn, il Times cita due fonti a conoscenza del caso secondo cui “l’energica protesta di Ratzinger fu decisiva per rimuoverlo dalla lista” sulla scorta che aveva una laurea in filosofia, non in teologia. Ma lo stop a Krenn “non fu accompagnato da una meticolosa verifica sul conto di Groer che già era sospettato di molestie nella sua abbazia benedettina”, scrive il giornale. Quanto all’uscita di scena del cardinale, secondo il Times “non è chiaro da che parte stesse l’allora papa Giovanni Paolo II”, ma l’attuale arcivescovo di Vienna Christoph Schoenborn ha detto al giornale che nel 1995, quando le accuse contro Groer divennero pubbliche, lo stesso Ratzinger si rammaricò con lui che non fosse creata una commissione per stabilire i fatti”.
“Divenne chiaro molto presto che la corrente che aveva prevalso a Roma non era quella che voleva che qui si facesse chiarezza. Ratzinger mi disse che la ‘parte diplomatica’ aveva prevalso”, ha detto l’arcivescovo. Secondo fonti della Chiesa a Vienna la “parte diplomatica” era guidata dall’allora segretario di Stato Angelo Sodano e da mons. Stanislaw Dziwisz, il segretario personale di papa Wojtyla.