Investimenti, banche, petrolio: gli imprenditori sull’asse Roma-Tripoli dalla parte di Gheddafi

Muammar Gheddafi

E’ fatta di investimenti, infrastrutture, banche e petrolio la relazione “speciale” tra Roma e Tripoli. Mentre in Libia si è accesa la protesta anti regime, l’Italia preferisce non disturbare il colonnello Muammar Gheddafi. Lo ha detto il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, in persona: “Non ho sentito Gheddafi, preferisco non disturbare”.

Ecco cosa c’è in ballo. Impregilo, Selex e Finmeccanica hanno già firmato progetti con la Libia per milioni di euro. Poi c’è il capitolo oro nero, l’Eni in base a un accordo firmato nel 2007 con la principale compagnia petrolifera libica, la National Oil Corporation, potrà estrarre petrolio fino al 2042 in Libia.

C’è dell’altro, perché Tripoli rappresenta il principale fornitore di petrolio e il terzo di gas per Roma e a realizzare l’autostrada costiera libica saranno tutte aziende italiane. Ci sono cinque milioni di euro in gioco, che saranno versati dall’Italia nei prossimi 25 anni a titolo di risarcimento per il passato coloniale.

In più il colonnello Gheddafi è ormai il primo azionista di Unicredit dove ha il 4,9% tramite la banca centrale libica e il 2,6% con il fondo sovrano Lybian Investment Authority. Ecco perché gli imprenditori stanno dalla parte del Colonnello.

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luiss_smorgana