PRETORIA – Oscar Pistorius si prepara a tornare a casa a poco più di due anni e mezzo da quel tragico San Valentino del 2013 in cui uccise la fidanzata Reeva Steenkamp. Per errore secondo la tesi difensiva e la sentenza di primo grado, deliberatamente secondo l’accusa e i familiari della ragazza. Il Parole Review Board, il tribunale sudafricano competente, ha concesso al campione paralimpico gli arresti domiciliari. A partire dal 20 ottobre Pistorius potrebbe dunque tornare a casa. Ma non è detta l’ultima parola Il 3 novembre è previsto, infatti, l’avvio del processo d’appello in cui l’atleta sudafricano rischia un rovesciamento delle conclusioni processuali e una condanna ben più pesante rispetto a quella che sta scontando attualmente
Pistorius, divenuto famoso per essere riuscito a rompere le barriere della disabilità e a competere ai massimi livelli, lui, senza gambe e con le protesi, anche contro avversari normali, si trova in carcere da circa un anno. Ne dovrebbe scontare 5, stando alla sentenza di primo grado, per omicidio derubricato, non senza polemiche, come colposo. Ma la vicenda processuale è tutt’altro che conclusa. I domiciliari intanto sono scattati quasi automaticamente. Il Parole Review Board, l’organismo che in Sudafrica decide sulle scarcerazioni anticipate e la condizionale, ha dato corso al beneficio della custodia domiciliare alla decorrenza del decimo mese di detenzione: pari, come previsto dalla legge locale, a un sesto della pena di cinque anni.
Inizialmente la scadenza era stata indicata per il 21 agosto, ma due giorni prima il ministro della Giustizia, Michael Masutha, bloccò il provvedimento come “prematuro, con la motivazione che quando era stato accordato a giugno i mesi di pena trascorsi erano appena otto e il termine di un minimo di un sesto non era dunque rispettato. Ora però non ci sono più dubbi e il 20 ottobre Pistorius, salvo sorprese, uscirà di prigione. I mesi che vi ha trascorso non sono comunque “abbastanza” per i familiari di Reeva, come ha sottolineato il loro legale. Aggiungendo del resto che i genitori ormai se l’aspettavano – pur considerando ingiusto questo epilogo parziale – e che in ogni caso nulla potrà restituire loro quella figlia, bella e bionda, trovata morta in un lago di sangue il 14 febbraio 2013 nella villa in cui conviveva con l’irrequieto Oscar e con il suo piccolo arsenale di armi.
Sperano nell’appello del 3 novembre, dopo che l’accusa ha chiesto e ottenuto una revisione dell’esito del primo processo. E se questa volta si riuscirà a far valere la tesi dell’omicidio volontario, per l’ex campione bionico che aveva fatto sognare il Sudafrica e il mondo le porte del carcere potrebbero riaprirsi in fretta: per un minimo di 15 anni.