POMEZIA (ROMA) – Sono scesi dall’aereo facendo i segni dell’ok e della vittoria, contenti di essere tornati sani e salvi in Italia. Raccontano le loro esperienze in Libia, le loro paure ma anche di una Tripoli calma di giorno, quando si può arrivare all’aeroporto tranquillamente in taxi, e invece terribile di notte.
Sono quasi un centinaio gli italiani arrivati ieri sera all’aeroporto militare di Pratica di Mare a bordo di due C-130 dell’Aeronautica militare italiana. Sfuggiti da una ”rivoluzione” e da ”massacri” che non hanno visto con i loro occhi: ”Non mi sono mai sentito in pericolo, il problema è nelle periferie ma io non ci sono andato…”. Alcuni hanno confessato di non aver dormito per giorni, come due tecnici palermitani che lavorano a Zawia: ”Di notte si scatenavano…spari e grida…”.
Altri hanno raccontato di una Libia pro Gheddafi, in particolare i turisti che hanno visitato la parte sud del Paese, considerata roccaforte del Colonnello. Tutti però hanno detto di essere impressionati dalle condizioni dell’aeroporto della capitale, definito senza mezzi termini ”uno schifo”: ”Erano tutti ammassati – ha commentato un dipendente dell’Eni che lavorava a Tripoli – come se in una casa di 50 metri quadri mettessero mille persone…”.
Insieme con gli italiani sono atterrati anche diversi gruppi di stranieri. Tra mercoledì e giovedì ne sono stati rimpatriati un centinaio, tra cui britannici, inglesi, francesi, sloveni, croati e polacchi; tra loro è arrivato ieri 24 febbraio anche il capogabinetto della Fao, Hervè Leveune, che ha annunciato la scelta della capitale italiana come scalo per l’evacuazione delle organizzazioni internazionali che lavorano in Libia.
Dopo l’assalto dei giornalisti e i flash dei fotografi, sono diversi gli italiani che si sentono ”storditi”, quasi sorpresi dalle domande che vogliono sapere di violenze, sangue e massacri: ”Io non ho visto niente – ha detto uno di loro – non mi sono mai sentito in pericolo”. ”Non ci sono mica 10.000 morti”, ha aggiunto un altro. ”E’ esagerato, non abbiamo visto nulla di tutto ciò di cui si parla”. Qualcuno chiama anche in causa la Farnesina: ”E’ stata lenta a dare gli avvisi di pericolo per la Libia – dice un passeggero appena sceso dall’aereo – In Francia, diversamente, sono stati avvisati”.
























