RUSSIA – Quando si parla delle Pussy Riot spesso l’immagine che viene associata loro รจ quella di Nadezhda Tolokonnikova, caschetto e sguardo impertinente, le si vede provocanti e allegre dimenarsi in chiesa, in tribunale, per strada circondate da poliziotti. Non le si immagina in carcere ed รจ meno “pop” il volto diย Maria Alyokhina, 24 anni, l’altra Pussy Riot (in tutto sono sette) finita dietro le sbarre, condannata a due anni dalla sentenza del 17 agosto scorso, per “teppismo e istigazione all’odio religioso”.
Le carceri russe sono un segno della continuitร col passato regime e, anche se fra due anni per le Pussy Riot si spalancherร un mondo di contratti, tournรจe e tv, due anni in un Gulag sono due anni in un Gulag.
Maria รจ detenuta aย Berezniki, nella regione di Perm “solo” 1.500 km a est di Mosca, distanza che nella sterminata Russia rende le due cittร quasi vicine. Berezniki รจ il centro di quell’“Arcipelago Gulag” cheย Aleksandr Solลพenicyn aveva raccontato in tre volumi di un’inchiesta autobiografica che rese famoso in tutto il mondo l’autore e soprattutto il mondo dei campi di lavoro russi.
Da allora non รจ cambiato molto. Lo racconta Maria con una lettera pubblicata sulla rivista Novoe Vremya: รจ giunta al campo di lavoro numero 28 dopo un viaggio in tre tappe in altrettante prigioni. “Abbiamo viaggiato in carrozze senza finestrini e in una moltitudine di furgoni. Quando lโultimo รจ arrivato di fronte all’imponente ingresso di ferro battuto, ha scaricato diciannove di noi, diciannove nuove prigioniere, future operatrici di macchine da cucire elettriche […] Tutto intorno a me รจ grigio. Anche se qualche oggetto ha un colore diverso, non manca mai una sfumatura di grigio. In ogni cosa: gli edifici, il cibo, il cielo, le parole”.
Le sue giornate:
“Sveglia alle cinque di mattina, corsa ai bagni (tre lavandini e due cessi per quaranta prigioniere), colazione alle sei. Dopo due settimane che mi lavo nellโacqua gelata, le mie mani hanno cambiato colore…”. Le regole sono ferree e vengono ripetute tutte le mattine nella “stanza del regolamento”. Ogni conversazione nel campo ruota intorno al rilascio anticipato, noto con l’abbreviazione Udo, con lโaccento sulla “o” finale. “Vuoi un Udo? Ti daranno un Udo? Quand’รจ il tuo Udo? Cosa farai dopo lโUdo?”. Ottenere un Udo non รจ difficile, basta cucire per dodici ore al giorno senza lamentarsi, denunciare le proprie compagne, tacere, andare a messa, sopportare e, conclude Maria, “infrangere anche lโultimo dei propri principi”.
Per Maria, che, oltre a frequentare una scuola di giornalismo e di scrittura creativa, era un’attivista di Greenpeace, รจ stato il colmo finire imprigionata nel posto piรน inquinato del pianeta, esito di politiche industriali che per un secolo non hanno mai pensato agli effetti collaterali delle ciminiere. A Berezniki, cittร costruita interamente dai lavoratori forzati dei Gulag, gli impianti chimici hanno fatto sรฌ che, come spiega Federico Varese su La Stampa, “i bambini sotto i quindici anni sono otto volte piรน a rischio di soffrire di malattie ematiche dei coetanei che vivono nei 121 centri piรน inquinati dell’ex Unione Sovietica. Ogni anno piรน di tre milioni di tonnellate di rifiuti tossici entrano nell’atmosfera e almeno 100.000 ettari di vegetazione sono andati perduti per sempre”.
Mentre le miniere e lo sfruttamento intensivo del sottosuolo hanno avuto come risultato le voragini nelle quali ogni tanto viene risucchiato un pezzo di cittร . Sono delle piccole valli, la piรน grande misura 100 metri di larghezza e 237 di profonditร . Giร duemila abitanti di Berezniki sono stati evacuati per questo e la stessa Berezniki sarร ricostruita sull’altra sponda del fiume Kama.
