BONN – Tra le notizie di cronaca, a spasso fra i millenni, ha un suo perché la fine della bellissima Hatshepsut, sovrana d’Egitto la cui mummia è stata analizzata di recente. Il risultato getta una luce inquietante sul culto della bellezza professato alla corte dei faraoni, spinto all’eccesso al punto di mietere vittime. Meglio nota come una fra le prime donne a reggere un regno con abilità e potenza, 3500 anni fa, la splendida Hatshepsut morì a causa di una crema di bellezza. Il giallo della sua fine misteriosa è dunque risolto: ad ucciderla fu la presenza nell’unguento di benzopirene, sostanza altamente tossica e cancerogena.
Al team di archeologi tedeschi dell’Università di Bonn non si deve dunque solo l’eccezionale scoperta. L’insegnamento che ne possiamo trarre, a qualche millennio di distanza, è che l’ansia e la costrizione ad esser belli può risultare fatale. D’altra parte, questa era un’ossessione che nell’antico Egitto coinvolgeva uomini e donne, indistintamente. Il dio della bellezza Nefertem è, alla lettera, il signore della cosmesi. Nefer significa appunto cosmesi, ed è facile capire perché l’inarrivabile, quanto a bellezza, Nefertiti, si chiamasse così. Ma esattamente cosa conteneva l’unguento killer? La base di olio di palma e olio di noce moscata era abbinata anche a due altre sostanze altamente cancerogene, cioè catrame e benzopirene, appunto. 3500 anni dopo, del benzopirene se ne sarebbero accorti anche gli operai dell’Italsider a Taranto: ma qui non si parlava di bellezza, era tutta un’altra storia