Rochall (Mare del Nord), lo “scoglio” della discordia: quattro Stati in lite perché sotto c’è il petrolio

Duello all’ultimo sangue tra Gran Bretagna, Islanda, Irlanda e Danimarca. Al centro della battaglia a colpi di leggi, risoluzioni e proclami l’isolotto, tra i più sperduti al mondo, di Rockall. Quale il motivo del contendere? Sotto il minuscolo scoglio di granito nero, che si erge dall’Atlantico più tempestoso, potrebbe essere una miniera d’oro: il petrolio.

La piramide di granito di origine vulcanica è praticamente inaccessibile e inarrivabile proprio perché bombardata oltre che da forti venti e mareggiate anche  radiazioni magnetiche, forse generate dalla troctolite, un minerale che compone le montagne sommerse che la circondano, di cui è stata trovata traccia anche sulla Luna.

Sembra che Rockall sia spuntata dal mare 55 milioni di anni fa, quando l’antico supercontinente di Laurasia è andato in tilt e l’Europa e la Groenlandia si sono separati. Sarebbe comparsa per la prima volta su una mappa portoghese nel 1550, come Rochol, ma per almeno due secoli è stata scambiata per la Frislandia, l’isola fantasma indicata anche dal navigatore veneziano Nicolò Zeno, e per l’altrettanto misteriosa isola di Buss.  Qualcuno sostiene anche che sia una scheggia del mitico Regno di Brazil, la terra dell’eterna giovinezza, che appariva e scompariva.

Voci, leggende e miti, di sicuro c’è solo che dista 301,4 chilometri a ovest dell’isola di scozzese di St. Kilda, la terra a essa più vicina e 424 dal Donegal, Irlanda. Le coordinate dell’isolotto, stabilite nel 1967, pongono un difficile interrogativo che ha fatto scattare le diverse e non disinterressate rivendicazioni: “Di chi è lo scoglio?”.  La Gran Bretagna l’ha rivendicato, con atto parlamentare e nel nome di Sua Maestà la Regina, nel 1972, annettendolo all’isola di Harris, parte della contea scozzese di Inverness. Irlanda, l’Islanda e la Danimarca non hanno riconosciuto questo colpo di mano.

Considerato patrimonio dell’umanità, Greenpeace lo ha “conquistato” per 42 giorni, nel 1997, fondandovi lo Stato libero di Waveland, “terra delle onde”, per protestare contro la ricerca e lo sfruttamento dei giacimenti di petrolio sommersi. Gli ambientalisti avevano anche raccolto cittadini da tutto il mondo, su Internet, ma poi quest’utopia è naufragata perché la società che aveva sponsorizzato l’iniziativa ha fatto bancarotta.

I britannici, che stanno preparando una spedizione nel 2011, vogliono esercitare i propri diritti esclusivi, soprattutto per quanto riguarda l’aspetto economico. Tenendo lontani, naturalmente, tutti gli altri candidati. I negoziati tra Londra, Copenhagen, Rejkjavik e Dublino restano aperti.

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