A 15 anni dal massacro di Srebrenica, il parlamento serbo ha adottato una risoluzione di condanna di una delle peggiori atrocità della guerra in Bosnia, rendendo omaggio alle sue 8 mila vittime e scusandosi per non avere fatto abbastanza per impedirlo. «Oggi è un grande giorno per la Serbia – ha commentato il presidente serbo Boris Tadic – che ha dimostrato di avere la forza per qualificare quello che è successo come crimine di guerra».
Il documento è stato approvato al termine di un infuocato dibattito protrattosi per 13 ore e trasmesso in diretta dalla Tv. Nel testo la parola ‘genocidio’ non compare: è il frutto di un compromesso e, in definitiva, riflette le divisioni esistenti ancora in Serbia su un passato recente su cui ancora gravano ombre, rancori e odio. Su quest’ultimo punto Tadic ha detto che “il parlamento non si occupa di definizioni giuridiche, ma ha approvato un documento politico”, ribadendo inoltre che “la Serbia vuole trovare ed arrestare i responsabili del crimine, soprattutto il generale Mladic”.
La Dichiarazione su Srebrenica è stata votata soltanto da democratici e socialisti, partiti filo-occidentali intenzionati a fare il possibile per portare finalmente la Serbia nell’alveo dell’Unione Europea. E da Bruxelles, l’Alto rappresentante della politica estera Catherine Ashton ha definito l’adozione della risoluzione “un passo avanti importante”, espressione utilizzata anche dall’Olanda, Paese a cui appartenevano i caschi blu dell’Onu che non sono riusciti a fermare il massacro.
La strage di Srebrenica risale al luglio 1995 quando, poco prima della fine di un sanguinoso conflitto che da tre anni stava dilaniando la Bosnia multi-etnica, 8 mila musulmani furono trucidati dalle truppe della Republika Srpska al comando del generale Ratko Mladic, ancora ricercato per genocidio e crimini di guerra dal Tribunale internazionale dell’Aja per la ex Jugoslavia.
Nel documento adottato stanotte si afferma che il Parlamento serbo “condanna nel modo più severo” l’eccidio e esprime “profonde condoglianze e scuse per le famiglie delle vittime in quanto non è stato abbastanza per prevenire la tragedia”. Nella risoluzione, il parlamento ribadisce la sua disponibilità a una piena collaborazione con il Tribunale penale del’Aja, che chiede da tempo a Belgrado di cooperare per l’arresto e l’estradizione della ‘primula rossa’ Mladic, il ricercato ‘numero uno’ del Tpi.
E’ per ottenere il massimo dei consensi possibili e per porre fine a un dibattito che sembrava non finire più che la maggioranza governativa ha proposto di ricorrere al termine ‘crimine’, piuttosto che a ‘genocidio’. L’opposizione ha insistito perché nella stessa Dichiarazione fosse sia inserita anche la condanna dei crimini commessi contro il popolo serbo. La presidente del parlamento Slavica Djukic-Dejanovic ha tuttavia annunciato che i deputati già tra due giorni potrà essere discussa una seconda risoluzione nella quale si condannano anche i crimini contro i serbi.
E’ la prima volta in 15 anni che il parlamento di Belgrado si pronuncia sui fatti di Srebrenica, un eccidio che in Serbia era stato finora tabù e una macchia della quale si è sempre preferito parlare il meno possibile. Un diplomatico che all’epoca del conflitto in Bosnia era di stanza a Sarajevo ha detto all’agenzia Reuters che, agli occhi dell’Europa, la dichiarazione avrà un valore minimo se non verrà presto seguita dalla cattura di Mladic.