BEIRUT, 1 GIU – A quasi tre mesi dall’inizio delle proteste anti-regime in Siria e dopo l’uccisione, secondo attivisti e dissidenti, di oltre mille persone e la sparizione nelle carceri della polizia segreta di circa altre 10.000 in meno di 100 giorni, il rais siriano Bashar al Assad ha emesso oggi un decreto per la formazione di un organo ”per il dialogo nazionale”, composto da 9 persone tra membri del regime e da altri ”indipendenti” comunque vicini ad esso.
Da Damasco e’ giunta la notizia da parte di organizzazioni umanitarie locali della scarcerazione di centinaia di detenuti politici, amnistiati il 31 maggio in forza di un decreto dello stesso Assad. Una iniziativa ritenuta, pero’, ”ancora insufficiente” dal Dipartimento di Stato Usa. ”Tutti i prigionieri politici devono essere liberati – ha detto il portavoce Usa Mark Toner – Dobbiamo assistere ad uno spostamento significativo verso una riforma. Il gesto di liberare un centinaio di prigionieri politici non porta molto lontano” il regime di Damasco, secondo il Dipartimento di Stato.
Intanto, il clima resta molto teso nel Paese. Da Aleppo, seconda citta’ per estensione, altri attivisti per la difesa dei diritti umani hanno riferito della repressione di una rivolta scoppiata ieri sera nel carcere cittadino e inscenata da circa 7.000 detenuti ”in solidarieta’ con la rivoluzione”.
Notizie di violenze contro civili sono pervenute anche dalla regione centrale di Homs, dove da domenica 29 maggio e’ in corso una massiccia offensiva militare contro tre diverse localita’ sunnite, da settimane scosse da proteste anti-regime. Secondo l’Osservatorio per i diritti umani (Ondus), venti cadaveri sono giunti oggi all’ospedale pubblico di Homs. Sette di questi sono stati identificati come abitanti di Talbisse, villaggio nei pressi di Homs.
Razan Zaitouna, una avvocato che milita nella difesa dei diritti umani, ha reso noto oggi che a Rastan, poco lontano da Homs, sono stati uccisi ieri dalle forze di sicurezza 41 civili, fra cui una bambina di quattro anni. In soli tre giorni – stando a quanto affermano gli attivisti – il bilancio delle vittime nella provincia di Homs arriva ad almeno 75.
Testimoni oculari hanno oggi riferito di nuove manovre militati attorno al villaggio di Hrak, nella regione di Daraa. Altre brutte notizie per il regime sono giunte oggi dall’estero. Ad Antalia e’ ufficialmente cominciata stamani la conferenza ”per il cambiamento” a cui partecipano circa 300 tra oppositori e dissidenti, per lo piu’ esiliati, di diverse correnti politiche e comunita’ confessionali ed etniche del Paese.
L’Unicef ha invece denunciato l’uccisione da parte di esercito e forze di sicurezza di almeno 30 bambini siriani dall’inizio della repressione. Secondo l’organizzazione mondiale per l’infanzia, e’ piu’ alto ma indefinito il numero dei piccoli rimasti feriti, messi in galera, deportati dalle loro citta’ oppure torturati per avere partecipato a dimostrazioni anti governative.
Human Rigths Watch ha dal canto suo definito ‘‘crimini contro l’umanita”‘ quelli che il regime avrebbe commesso per reprimere le manifestazioni nella regione meridionale di Daraa, primo epicentro dell’inedita mobilitazione. ”Uccisioni sistematiche e torture sono state compiute dalle forze di sicurezza siriane a Daraa dal 18 marzo scorso. ”Non abbiamo mai visto un tale orrore” e’ il titolo del rapporto pubblicato oggi dall’organizzazione umanitaria internazionale e che si basa su ”interviste con circa 50 vittime e testimoni di abusi”.
All’indomani dell’annuncio da parte di Damasco di un’amnistia generale centinaia di prigionieri politici e di coscienza sono stati liberati oggi in Siria. ”Migliaia di detenuti sono ancora in carcere e attendono di essere rilasciati da un momento all’altro”, assicura Ondus. L’amnistia, che comprende oltre a tutti gli aderenti alla Fratellanza musulmana anche numerosi criminali comuni, esclude pero’ i membri del Partito comunista del lavoro, bandito perche’ inserito nella lista nera delle ”organizzazioni che intendono modificare lo status economico e sociale dello Stato”.