BEIRUT – Le autorita’ siriane hanno deciso l’avvio oggi di una vasta campagna militare contro le roccaforti delle proteste anti-regime, proteste senza precedenti e in corso da oltre un mese, nella regione meridionale al confine con la Giordania e in altre localita’ del Paese, causando la morte – secondo attivisti e testimoni oculari – di decine di civili. La tv di Stato di Damasco, citando una fonte governativa, ha giustificato l’azione, condotta solo nel sud da oltre 3.000 militari e da altre migliaia di agenti delle forze di sicurezza, affermando che le operazioni sono state decise per evitare che a Daraa, capoluogo della regione meridionale dell’Hawran, venisse creato un ”emirato islamico comandato da un emiro salafita” (integralista).
Dalla vicina Giordania le autorita’ hanno affermato che il valico di frontiera e’ stato di fatto chiuso dai siriani, ma da Damasco la notizia e’ stata smentita. Dal canto loro, gli Stati Uniti hanno denunciato ”la brutale violenza attuata dal governo della Siria contro il suo popolo” e hanno detto di voler valutare ”una gamma di possibili opzioni, comprese sanzioni mirate, per rispondere a questa situazione e per sottolineare che questa condotta e’ inaccettabile”.
Mentre per tutta la notte giungevano aggiornamenti del bilancio dei manifestanti uccisi ieri (13 in tutto) a Jabla, porto a nord-ovest di Damasco dove, secondo testimoni, le forze di sicurezza avrebbero sparato domenica sui dimostranti per lo piu’ sunniti, intorno alle sei del mattino sono arrivate stamani le prime notizie di vittime a Daraa e in altre localita’ circostanti.
Secondo i testimoni, che per comunicare con l’esterno usano linee telefoniche cellulari giordane visto che quelle locali e quelle fisse sono da giorni interrotte, l’attacco dei militari di Damasco e’ cominciato attorno alle 4:00, poco prima dell’alba. Protetti da almeno dieci tra carri armati e mezzi blindati, i soldati e gli agenti di sicurezza sono entrati in citta’ e hanno sparato contro le case e i pochi civili nelle strade. In giornata, sono circolate voci sull’uso di proiettili di mortaio da parte dell’esercito e della presenza di cecchini sui tetti dei palazzi.
Attivisti e testimoni parlano di decine di morti. Le autorita’ siriane hanno espulso quasi tutti i giornalisti stranieri dal Paese ed e’ quindi impossibile verificare le informazioni o l’autenticita’ dei numerosi video amatoriali pubblicati in queste ore su Youtube. Da quanto si apprende da alcune organizzazioni umanitarie, alcuni corpi senza vita sarebbero ancora abbandonati nelle strade di Daraa, citta’ fantasma, in serata domata dai soldati di Damasco. L’esercito siriano e’ penetrato stamani anche in altre localita’ vicino a Daraa: Enkhel, Nawa, Jassem e Izraa, teatro sabato scorso dell’uccisione di decine di persone che intendevano partecipare ai funerali dei ”martiri” uccisi nel ”Venerdi’ Santo”, giorno in cui le forze di sicurezza avrebbero freddato oltre cento manifestanti.
Secondo il bilancio fornito dagli attivisti, in Siria dall’inizio della repressione sarebbero morte circa 400 persone. Citando testimoni oculari, Wissam Tarif, attivista di spicco per i diritti umani in Siria, ha riferito all’ANSA che decine di persone sono state arrestate oggi a Duma e Muadamiye, sobborghi a nord di Damasco, e a Sabqa e Jisrayn, a est della capitale, dopo che soldati e poliziotti hanno fatto irruzione nelle loro case. Alcuni di queste localita’, secondo altre testimonianze, sarebbero del tutto isolate, con pattuglie di militari appostate all’ingresso di ogni strada per costringere i residenti a non uscire.
Anche per questo motivo, affermano le fonti, i funerali di alcuni ”martiri” uccisi venerdi’ scorso non si sono ancora celebrati. In mattinata era stato diffuso un documento, firmato da 102 giornalisti e intellettuali siriani, in cui si denunciavano ”le violente e oppressive azioni del regime siriano contro i manifestanti e i partecipanti ai funerali dei martiri della sollevazione”. Tra i firmatari spiccano scrittori e dissidenti alawiti, membri di quella branca minoritaria dello sciismo a cui appartengono anche gli al-Assad e influenti clan a loro alleati da decenni ai vertici del potere in Siria.
