Soldati depressi o alcolizzati: l’esercito americano offre loro sostegno psicologico

FORT BRAGG – A Fort Bragg, in Carolina del Nord, un gruppo di militari dai 25 ai 40 anni parlano di problemi personali, delle esperienze traumatiche che ognuno ha vissuto. Uno di loro prende la parola per raccontare che la moglie lo ha lasciato mentre era al secondo mese di gravidanza e come lui è caduto in una grave depressione e nell’alcolismo. Un altro confessa di avere un pessimo carattere e di litigare violentemente con la compagna.

Pare di essere in una terapia di gruppo. Solo che qui i pazienti sono diversi dal solito. Malgrado il calore portano dei baschi e delle uniformi. Su una delle pareti della stanza è appeso un orologio digitale che indica l’ora di Kabul e di Baghdad, mentre su un’altra parete sventola una bandiera americana. Siamo a Fort Bragg, una delle più grandi installazioni dell’esercito americano, e i pazienti di questa terapia di gruppo sono tutti soldati che dovranno partire al fronte.

Poco distante da qui, in uno dei viali della cittadella si erge la statua di Mike Tyson, quasi cinque metri di altezza, sguardo torvo e determinato, un fucile sotto il braccio, il simbolo ferreo dei soldati dell’US Army della seconda guerra mondiale e degli anni cinquanta.

All’epoca di Iron Mike nell’esercito non esistevano programmi di sostegno psicologico. Quello a cui assistiamo oggi è uno storico cambiamento nella concezione del mestiere del soldato. Il programma, intitolato Comprehensive Soldier Fitness (Idoneità del soldato completo), ideato da psicologi dell’Università della Pennsylvania, è concepito per rendere i soldati più «resistenti» alle pressioni della guerra, ai ripetuti cambi di fronte, alle crisi famigliari e finanziarie.

«E’ un grande cambiamento culturale – dice il colonnelle Jeffery Short, direttore del programma medico – Per anni, l’atteggiamento dell’esercito è stato: “Ognuno deve essere forte… e alla fine delle cose starai meglio». Da qualche mese l’esercito ha deciso di occuparsi della salute dei suoi soldati prima che un evento traumatico scateni la crisi psicologica, andando contro tradizioni e pregiudizi radicati. La decisione è legata senz’altro al preoccupante aumento di casi di suicidio e di abusi su famigliari registrati tra i soldati di ritorno dal fronte.

Lo storico cambiamento di paradigma ha destato interesse anche nella comunità scientifica. Il giornale dell’Associazione Americana di Psicologia ha consacrato un numero speciale a Comprehensive Soldier Fitness, a cui hanno partecipato, tra gli altri, gli ideatori e gli animatori del progetto. Ci sono state delle reazioni alla pubblicazione, e diversi psicologi non hanno mancato di criticare vivamente il progetto.

Secondo loro, questo non può essere considerato che un esperimento. Inoltre, le condizioni di partecipazione – dove la volontà del paziente è limitata – non sono idonee al lavoro psicologico. D’altro canto, i soldati che hanno partecipato alla seduta sembravano, stando alle parole del giornalista, piuttosto soddisfatti, e sollevati.

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fmontorsi