Sprechi americani: 9 caproni italiani da cashmere, 6 milioni

Una capretta in Afghanistan. La qualità della lana italiana è migliore

NEW YORK – Sprechi americani, alla faccia, quelli in Italia impallidiscono. È il caso del cashmere da produrre con capre italiane da allevare in Afghanistan, portate in aereo al modico prezzo di 6 milioni di dollari.

Era un progetto affascinante degli alti comandi militari americani, quelli costituiti in quella potentissima burocrazia che occupa l’enorme palazzone noto come Pentagono, a Washington. Purtroppo il piano è fallito negli sprechi e ne hanno parlato anche in Senato, in una udienza pubblica, nell’imbarazzo generale. Usa Today lo ha messo on line e il sito specializzato in temi di sicurezza e affari militari, Mother Jones, lo ha raccontato così:

“Come il Governo Usa ha scoppiato milioni di dollari portando in aereo capre da cashmere in Afghanistan a spese dei contribuenti”.

La storia è stata riferita da John Sopko, Ispettore generale speciale per  controllare gli sprechi effettuati con la ricostruzione in Afghanistan, chiamato a testimoniare in una udienza del Senato. Tema: una analisi degli sforzi compiuti dal ministero della difesa per sviluppare l’economia in Afghanistan al costo di oltre 800 milioni di dollari.

Un esempio clamoroso di sprechi è uno dei progetti portati avanti dal Pentagono, quello di portare in aereo in Afghanistan capre italiane da cashmere, per dare una spinta alla industria locale della preziosa lana. Il migliore cachmere del mondo si fa in Italia, ma gli americani volevano sviluppare un polo concorrente in barba ai Talebani. Responsabile del progetto una sigla da film: TFBSO (Task Force for Business and Stability Operations, Task force per operazioni di affari e stabilità).

Nonostante la pomposità della sigla, però, ha rivelato John Sopko alla commissione di inchiesta del Senato Usa, il suo ispettorato “non è stato in grado di trovare prove credibili che dimostrassero l’attività della TFBSO abbia determinato lo sviluppo economico sperato e quella stabilità che giustificassero la sua creazione”.

I funzionari civili della task force però si proclamano innocenti. Loro davano le idee, i budget li maneggiavano i militari.

Il progetto del cashmere elaborato dal Ministero della Difesa Usa aveva come punto di forza la importazione di nove rasi esemplari maschi di capra biondi dalla Italia, seguita dalla costruzione di una fattoria e un laboratorio che certificasse la qualità della loro lana. La speranza era di creare 350 posti di lavoro. Ma, secondo John Sopko, il Ministero ha perso le tracce dei conti e nessuno sa come sia andata a finire. Nemmeno si sa che fine abbiano fatto le capre, forse mangiate dagli afghani o dagli stessi americani preposti al piano di sviluppo, dei cui fondi ben 150 milioni di dollari sono stati spesi per ville lussuose con tv flat screen e guardie del corpo.

Altri esempi di spreco: un distributore di gas per auto (qui la cifra è incerta, l’ispettore dice 45 milioni, l’ex capo della task force dice 4; in ogni caso un senatore in uudienza ha detto che bastava mezzo milione) in un Paese, l’Afghanistan, dove il reddito medio di un anno è inferiore al costo della conversione di una auto da benzina a gas; un incubatore di start up stile Silicon Valley in cui sono stati spesi 47 milioni di dollari senza risultato; 7,5 milioni in un progetto per aumentare le vendite di tappeti afghani annodati a mano. La task force sostiene di avere creato quasi 10 mila posti di tappetai, ma l’ispettorato dubita della verità della cifra.

Due esemplari di capra bionda italiana da cashmere. 9 maschi sono stati portati in aereo in Afghanistan per sviluppare una industria locale. Costo dell’esperimento fallito 6 milioni di dollari
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Marco Benedetto