Segregata in casa e picchiata dall’uomo che era stata costretta a sposare: è la storia di Samia (il nome è di fantasia) raccontata dal Corriere del Veneto. Aveva poco più di vent’anni quando la famiglia, marocchina, la obbliga al matrimonio con un uomo di dieci anni più grande, conosciuto solo tre giorni prima delle nozze.
Samia lo sposa, vive con la suocera e la cognata nell’alto vicentino, subisce ogni violenza e angheria. Nel diario però Samia scrive: “Ho fatto questa scelta. Era importante per i miei genitori. Ora voglio solo essere una brava moglie”.
Ma la convivenza con il marito e la sua famiglia peggiora di giorno in giorno. Suocera e cognata la rimproverano di non essere all’altezza dei suoi compiti, di non saper fare nulla. Samia si confida al marito ma lui legge le sue parole come una forma di ribellione, così come la voglia che Samia ha di studiare l’italiano. Quindi cominciano le botte, la violenza. Samia per nove mesi tace, incassa, tenta di far finta che non stia succedendo a lei. Nel frattempo studia l’italiano di nascosto imparando dalla tv ed evita di litigare con il marito e con i parenti. Fino a una sera, quando Samia si rifiuta di avere rapporti sessuali con il marito. Viene picchiata, stuprata e reclusa in casa.
Per lei è troppo, si è raggiunto il limite massimo: Samia scappa da casa, va dai carabinieri e denuncia il marito che ora è indagato per violenza sessuale, sequestro di persona e lesioni. Oggi Samia è una donna libera, vive in una casa famiglia, ha trovato un lavoro e la serenità.
