Tanzania, già 2 milioni di anni fa gli ominidi erano in grado di sopravvivere ai cambiamenti climatici (foto Ansa)
I primi esseri umani che 2 milioni di anni fa vivevano in Tanzania, avevano già sviluppato le capacità e gli strumenti per sopravvivere ai cambiamenti climatici.
E’ quanto emerge da un nuovo studio degli archeologi del Max Planck Institute che nel sito Gola di Oldupai, in Tanzania – dichiarato Patrimonio dell’Umanità nel 1979 dall’UNESCO – hanno studiato i cambiamenti nell’ambiente e negli habitat dei primi ominidi.
Il sito, noto come “la culla dell’umanità”, ha rivelato che nonostante i cambiamenti ambientali nel corso di 200.000 anni, i nostri antenati continuarono a vivere stabilmente anche se dovettero far fronte al riscaldamento globale, incendi, siccità ed eruzioni vulcaniche.
Lo studio mostra che le migrazioni “fuori dall’Africa” erano possibili anche durante i primi periodi della presenza di esseri umani, poiché i nostri antenati possedevano la capacità di espandersi in nuovi ecosistemi.
Il coautore Michael Petraglia, del Max Planck Institute for the Science of Human History, in Germania, ha affermato che è la prova di una flessibilità comportamentale.
Ha spiegato che ciò iniziato all’inizio dell’evoluzione degli ominidi e ha contribuito a “preparare il terreno per l’eventuale e dilagante diffusione globale dell’Homo sapiens”.
Gli scavi alla Gola di Oldupai o Olduvai, hanno individuato la presenza di ominidi – i nostri antenati più primitivi – che vivevano tra 2 e 1,8 milioni di anni fa.
E’ stata portata alla luce, anche la più antica forma di strumenti di pietra, nota come Oldowan, insieme a un’ampia varietà di fossili di mammiferi tra cui bovini selvatici, maiali, ippopotami, pantere, leoni, iene, primati, rettili, uccelli e tutti erano stati macellati per nutrirsi.
A soli 350 metri dal sito sono stati trovati i resti di uno dei primi ominidi risalenti a 1,82 milioni di anni fa.
Nota come Homo habilis, per l’abilità con gli strumenti, la specie era alta circa 1,20 metri, braccia lunghe come quelle di una scimmia e un grande cervello.
Nonostante abbia dovuto far fronte a persistenti catastrofi meteorologiche, l’area è comunque rimasta occupata dai primi esseri umani, dimostrando che potevano adattarsi ai cambiamenti climatici.
Sono passati dai palmeti in riva al lago, prati disseminati di felci e boschi a paesaggi arsi da disastri naturali e steppe aride.
Le prove mostrano un periodico ma ricorrente uso del suolo in un sottoinsieme di ambienti, punteggiato da periodi in cui vi è un’assenza di attività.
Pastory Bushozi, co-autore della Dar es Salaam University, in Tanzania, ha affermato:”L’occupazione di ambienti vari e instabili – anche dopo l’attività vulcanica – è uno dei primi esempi di adattamento alle principali trasformazioni ambientali”.
Il sito, si trova nella Great Rift Valley, tra il cratere di Ngorongoro e il Parco Nazionale del Serengeti.
Si è formato circa 30.000 anni fa, risultato di attività geologiche aggressive e dei corsi d’acqua.
Il ripido dirupo è lungo circa 48 chilometri e profondo 91 metri.
La Gola di Oldupai vanta record straordinari di specie umane estinte che coprono diversi milioni di anni e da più di un secolo gli esperti hanno esplorato gli affioramenti.
Lo studio. pubblicato su Nature Communications, mette in luce i contesti ambientali in cui questi ominidi hanno vissuto per la prima volta.
(Fonte: Daily Mail)