KATMANDU, NEPAL – Oskar Piazza e Gigliola Mancinelli sono morti. Pino Antonini e Nanni Pizzorni sono salvi: sono i 4 speleologi italiani, probabilmente i migliori d’Italia nel soccorso sottoterra, che si trovavano nel villaggio nepalese di Langtang quando il terremoto di sabato (e domenica) ha portato morte e distruzione sul tetto dell’Himalaya. Erano alla ricerca di gole inesplorate ed alloggiavano nel villaggio da 10 giorni.
Langtang, trenta case di pietra a quattromila metri d’altitudine, è stato completamente sommerso da una valanga dopo la seconda, violentissima scossa di terremoto che ha colpito la zona. Non ci sono molte speranze per i cento abitanti del paesino. Nè per i duemila che popolavano la valle, devastata dal sisma.
L’ultimo contatto fra il gruppo dei quattro speleologi e l’Italia è stato sabato sera fra Giuseppe “Pino” Antonini – che ha un telefono satellitare – e il fratello. Che ha raccontato: “Era lì perché dovevano esplorare due canyon, ma so che erano rimasti nel villaggio”. Lo stesso Antonini è stato il primo, oggi 27 aprile, a riuscire a chiamare i familiari e la Farnesina e comunicare che lui e Pizzorni sono ancora vivi. Antonini, anconetano, ha 53 anni, è medico e membro del soccorso alpino.
Giovanni “Nanni” Pizzorni, 52 anni, è genovese ed è un esperto torrentista, uno dei più conosciuti in Italia nel suo campo. Era riuscito a parlare con l’amico Luca Dallari il giorno prima del terremoto: “Avevano deciso di rinviare l’escursione lungo il torrente del Langtang a causa del maltempo. È salvo ma ha riportato diverse fratture.
Oskar Piazza aveva 55 anni. Trentino e membro del Soccorso alpino della sua regione, speleologo della scuola nazionale tecnici, vicedirettore della Scuola Nazionale forre. Della sua morte ha dato notizia la sua compagna, Luisa Zappini, responsabile della centrale unica di emergenza in Trentino. “Vado a prendermelo – aveva detto la donna – sembra impossibile a tutti”. Aveva ricevuto già intorno a mezzogiorno una chiamata dal satellitare che i quattro speleologi stavano usando. Non era però riuscita a capire, perché le aveva parlato una donna straniera, forse del posto. Un’altra chiamata, di un italiano sopravvissuto, le ha portato invece la notizia della morte di Oskar.
Gigliola Mancinelli, medico anestesista di Ancona e tecnico speleologo, aveva 51 anni. Anche lei era membro del Soccorso alpino. Racconta di l’amico Germano Rocchi, responsabile a Fabriano del servizio di elisoccorso delle Marche, dove la Mancinelli lavorava come volontaria: ‘”Ho ancora qui sul telefonino gli Sms che Gigliola mi ha mandato prima di partire: mi aveva chiesto un cambio di turno, ci teneva tanto ad andare… Era una bravissima anestesista e una carissima collega. Conoscevo Gigliola dagli anni della specializzazione ad Ancona. Aveva una grande passione per la speleologia: quando abbiamo aperto la base di Fabriano lei, che faceva già parte del Corpo nazionale del Soccorso Alpino, era l’unica già in possesso del brevetto per poter operare con il verricello”, ricorda Rocchi. La Mancinelli, due figli di 15 e 10 anni, riusciva a conciliare il lavoro di anestesista rianimatore con la famiglia e la sua grande passione, la montagna e le forre. ”Si allenava nei fine settimana. Per questo viaggio aveva insistito tanto per ottenere un cambio di turno”.
Pino Antonini, anche lui di Ancona, fa parte della squadra di istruttori che addestrano l’equipe di Rocchi, e il medico conosceva bene anche l’altra vittima della spedizione in Nepal, Oskar Piazza. ”Noi non avevamo esperienza di missioni Sar, e nel 2010 Piazza è stato il nostro primo istruttore. Erano persone esperte, portavano soccorso nelle valanghe, e invece…”.