La situazione in Tunisia peggiora di ora in ora. Nel primo pomeriggio del 13 gennaio la polizia ha iniziato a sparare in centro a Tunisi, prima con colpi isolati a poi a ripetizione, in Rue de la Libertè, poco lontano dalla centralissima Avenue Burghiba. Lo riferiscono alcuni testimoni, che parlano anche di nubi di fumo che si alzano dal centro cittadino, delle sirene delle ambulanze e dei richiami dei muezzin. Almeno due manifestanti sarebbero stati uccisi dal fuoco delle forze dell’ordine. Un giornalista francese sarebbe anche stato colpito ad una gamba, ma i soccorritori non sarebbero riusciti a chiamare l’ambulanza, e quindi l’avrebbero portato in ospedale con i loro mezzi.
Secondo quanto riferisce la tv satellitare ‘al-Arabiya’, nella capitale la polizia è intervenuta con cariche e lacrimogeni per disperdere una manifestazione dei sindacati. Intanto, il presidente tunisino Zine El Abidine Ben Ali ha ordinato di abbassare i prezzi dei prodotti di base, il cui aumento ha scatenato le manifestazioni in corso da giorni.
Nel tardo pomeriggio i manifestanti hanno saccheggiato alcuni negozi a Hammamet, località turistica della costa. Due giovani sono invece rimasti uccisi in scontri con la polizia nella città di Sliman, a 40 chilometri a sud di Tunisi. Lo hanno riferito tre testimoni all’agenzia Reuters. I tre, secondo il loro racconto, hanno cercato di attaccare una stazione di polizia e gli agenti hanno reagito prima sparando in aria e poi ad altezza d’uomo. ”Uno dei giovani è stato colpito all’addome e l’altro al torace, ho visto tutto con i miei occhi”, ha detto uno dei testimoni.
Sei morti a Gabes, dove il palazzo sede del tribunale è stato incendiato. ”Sono qui all’ospedale di Gabes, davanti a sei persone uccise dalla polizia”, ha comunicato un testimone all’ANSA, riferendo anche di numerosi feriti. A Gabes, secondo il testimone, sarebbe in corso una violenta manifestazione di strada. La cittadina, sulla costa della Tunisia centro-orientale, è il più importante distretto minerario della Tunisia dove, anche in passato, ci sono state manifestazioni di protesta che hanno portato a numerosi arresti e condanne.
La conta delle vittime. La conta delle vittime, aggiornata al 13 gennaio, è arrivata a quota sessantasei. Tra le vittime civili degli scontri di piazza ci sono anche un cittadino francese e uno svizzero, entrambi con doppia nazionalità. Il primo si chiamava Hatem Bettahar, 38 anni, professore incaricato di Informatica presso l’Università della Tecnologia di Compiegne, nel dipartimento settentrionale dell’Oise, in Piccardia. Era iscritto al sindacato degli insegnanti e lavorava in Francia da una decina d’anni. Bettahar si trovava in vacanza a Douz, 550 chilometri a sud di Tunisi, e la notte scorsa è rimasto coinvolto nei disordini scoppiati in città nonostante il coprifuoco: insieme a lui è morta un’altra persona.
L’episodio appare destinato a far crescere le pressioni delle opposizioni e dell’opinione pubblica francesi nei confronti del presidente Nicolas Sarkozy, i cui stretti rapporti con il regime di Ben Ali hanno finora indotto le autorità di Parigi, ex potenza coloniale nello Stato nord-africano, a un atteggiamento piuttosto tiepido nei confronti della repressione.
La seconda vittima è una donna svizzera di origine tunisina. L’ambasciata svizzera a Tunisi è “in contatto con i parenti” della vittima. Secondo la radio svizzera, che ha intervistato il fratello della vittima, la donna, “membro dello staff medico del chuv (ospedale) di Losanna, è stata uccisa il 12 gennaio nel corso di una manifestazione a Dar Chaabane, nel nord della Tunisia”. “Doveva rientrare in Svizzera questo giovedì”, aggiunge la radio sul suo sito internet.
Il messaggio del presidente. In serata il presidente tunisino Ben Alì ha ordinato alle forze di sicurezza di non usare piu’ le armi da fuoco contro i manifestanti. Parlando alla televisione ha anche annunciato di aver ordinato la riduzione del prezzo del pane, del latte e dello zucchero. Ben Alì ha anche detto – parlando alla televisione – che non si ripresenterà alle elezioni presidenziali del 2014. Il presidente ha spiegato che non cambierà la costituzione per permettere a se stesso di correre per un nuovo mandato nel 2014.
Gli scontri della notte. Nella notte tra il 12 e il 13 gennaio centinaia di giovani avevano sfidato il coprifuoco imposto per scendere in piazza a Tunisi. Nei quartieri di Le Kram e Salambo, distanti solo due chilometri dal palazzo presidenziale, i manifestanti si sono riversati in strada, mentre a La Marsa, nella zona residenziale de La Soukra e in quella universitaria di Mannouba si sono uditi spari e rumori di vetri infranti. Nel quartiere operaio di Kabaria gruppi di giovani hanno devastato almeno un negozio. Secondo alcune fonti, incidenti si sono verificati anche nell’area turistica di La Goulette.
La mattina del 13 gennaio colonne di fumo nero si levavano al cielo da due edifici e i vigili del fuoco sono stati all’opera per ore. Molte costruzioni sono state parzialmente danneggiate, così come alcune attività commerciali e una farmacia. L’esercito ha cominciato a ritirarsi dalle vie della capitale nella tarda mattinata. Blindati e unità di pronto intervento della polizia hanno rimpiazzato i militari su via Habib Bourguiba e a piazza Barcelone, nel centro di Tunisi. Solo due mezzi delle forze armate, con alcuni soldati armati, sono rimasti in piazza Ibn Khaldoun, di fronte all’ambasciata francese.
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