Il malcostume diffusissimo in Turchia di dover pagare la “rusvet” (letteralmente “bustarella”) agli impiegati statali per accelerare una pratica burocratica è talmente diffuso che il governo, non riuscendo da troppi anni a stroncare il fenomeno, ha deciso di legalizzarlo.
Lo riferisce oggi il quotidiano Aksham, riportato dall’Ansa, secondo cui la Commissione etica della presidenza del Consiglio ha deciso che d’ora in poi sarà consentito agli impiegati statali di accettare una “bustarella” in contanti sino a 20 lire turche (circa 10 euro) che sarà considerata come un “segno di gratitudine”.
Una somma maggiore o regalie di altro genere, anche in natura, non saranno invece consentite. Sotto il titolo ammonitore “Impiegati statali: attenzione a questo elenco”, il giornale pubblica tutta una serie di casi previsti da un opuscolo appositamente fatto stampare dalla Commissione etica e distribuito ai dipendenti dello Stato. Fra questi, un infermiere di un ospedale statale non potrà accettare “una torta” da un paziente ma solo una mancia in denaro. Così tutti gli altri impiegati in istituzioni governative – e in particolare l’Ufficio del registro delle proprietà immobiliari sempre super-affollato di cittadini in attesa di certificati – non potranno accettare “meloni” né “tacchini prima di Capodanno”.
La pratica della bustarella per oliare gli ingranaggi degli uffici pubblici è molto diffusa in Turchia perché gli stipendi degli impiegati dello Stato sono sempre stati molto bassi (oggi si aggirano intorno alle 1.500 lire, pari a 750 euro al mese).
E’ una consuetudine che viene da lontano ma che è divenuta prassi consolidata ai tempi in cui era presidente della Repubblica Turgut Ozal (dal 1989 al ’93) comunemente ritenuto colui che portò il capitalismo in Turchia ma intorno al quale si sviluppò anche molta corruzione. Lo stesso Ozal, che sapeva bene quali fossero gli stipendi degli statali, a chi gli chiedeva come pensava che questi riuscissero a sbarcare il lunario, rispondeva: “I miei dipendenti sanno bene come arrangiarsi”, riferendosi appunto al loro ricorso selvaggio alla “rusvet”.
