BOLOGNA, 15 APR – Martedi’ sera l’ha visto vivo per l’ultima volta. Stanotte verso le 4 Vittorio Arrigoni, l’amico e compagno di battaglie per l’International solidarity movement (Ism), era davanti ai suoi occhi, cadavere in un appartamento a Gaza city. Silvia Todeschini ha riconosciuto il corpo del pacifista lombardo sequestrato e ucciso da un commando di estremisti salafiti. Con lei c’era un’altra donna del Movimento, uniche presenze ‘civili’ tra tanti poliziotti nel luogo del ritrovamento.
Ventisette anni, di Noventa Padovana, Silvia e’ arrivata in Palestina a ottobre, una laurea in fisica e tanta voglia di capire e aiutare il popolo palestinese. Dopo una notte insonne e cercando di trattenere l’emozione, racconta all’ANSA quello che ha visto: ”Vittorio era per terra su un materasso, non aveva ferite da arma da fuoco ma sangue dietro la nuca, probabilmente per dei colpi, e ai polsi per le catene o lacci che lo tenevano legato. Aveva ancora addosso la benda, leggermente sollevata per renderlo riconoscibile e la stessa maglietta nera che si vede nel video. Attorno non c’erano segni di colluttazione”.
Un’ immagine scolpita nella mente e descritta anche in una mail inviata alla newsletter del Coordinamento della campagna Bds italiana (Boicottaggio, disinvestimento, sanzioni). ”Vittorio, amico e compagno, e’ morto”, e’ l’incipit del suo messaggio. Ma subito dopo Silvia cambia discorso e insiste per ricordare chi era Arrigoni e cosa ha fatto: ”Vorrei soprattutto che la gente sapesse, o ricordasse, tutto quello che ha fatto in Palestina – elenca – Sono dieci anni che lavorava nella West bank, dal 2008 era a Gaza, ha lottato assieme ai contadini perche’ potessero continuare a coltivare le loro terre, poi con i pescatori. E’ finito anche nelle prigioni israeliane ma non ha mai smesso di crederci e martedi’ ci siamo visti a un incontro su un progetto per il monitoraggio delle violazioni dei diritti umani da parte di Israele contro i pescatori”.
A breve avrebbe dovuto tornare in Italia, un viaggio sempre rinviato. ”Da un mese diceva che doveva partire ma poi non partiva mai. Gaza era ormai la sua seconda casa”. Da quello che ha ricostruito finora l’Ism, le ultime ‘tracce’ di Vittorio risalgono a mercoledi’ sera. ”Era andato in palestra e poi aveva chiamato una trattoria gestita da amici a Gaza city per prenotare un tavolo verso le 22 – racconta Silvia – ma non e’ mai arrivato. Cosi’ mezz’ora dopo dalla trattoria l’avevano richiamato, ma il suo cellulare era spento”.
Ieri verso le 20 i primi dubbi. ”Un giornalista palestinese ci ha detto che girava voce che Vittorio era stato rapito – continua la volontaria – All’inizio non gli ho creduto ma poi abbiamo visto il video su Youtube”. Nel frattempo nella sede del Movimento cominciava il viavai di palestinesi, gente comune o associazioni, in cerca di notizie. ”Stanotte attraverso Twitter abbiamo saputo che era morto e siamo corse all’ospedale Shifa. Ma qui dei palestinesi, non so se poliziotti, ci hanno portato nell’appartamento per il riconoscimento”. Ora pero’ c’e’ da pensare al rientro della salma in Italia. ”Speriamo possa tornare dall’Egitto e non da Israele. Mai e poi mai avrebbe voluto passare da li”.
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