Per Alberto V. Vilar il cambiamento sarà stato rapido. Dal lusso di una vita da miliardario melomane e filantropo alla dura realtà di una cella carceraria.
Un giudice della corte di Manhattan lo ha infatti reputato colpevole di tute le imputazioni contestagli dall’accusa, dalla frode al riciclaggio di denaro. Secondo le stime dei pubblici ministeri, Vilar avrebbe sottratto ai suoi clienti circa 22 milioni di dollari. Tra i truffati si trovano un chirurgo in pensione, che ha perduto 11 milione di dollari, mentre la madre dell’attrice Phoebe Cates ne avrebbe persi 5.
«Le persone devono essere in misura di fidarsi del proprio consigliere finanziario» – ha affermato il giudice Sullivan prima di pronunciare la sentenza. La condanna non è stata mite: 9 anni di prigione, l’obbligo di restituire con gli interessi i 22 milioni di dollari sottratti, ed una penalità di altri 22 milioni di dollari.
Il denaro versato nella banca investimenti finiva, contrariamente alla volontà dei clienti, in azioni tecnologiche ad alto rischio. Secondo i patti i soldi sarebbero dovuti infatti essere investi in azioni più stabili. Una parte dei 22 milioni di dollari è stata persa in questa modo, a causa di speculazioni indebite. La frode è continuato per 20 anni perché Vilar nascondeva le ingenti perdite tamponandole con i nuovi investimenti che affluivano.
Vilar ha perfino adoperato una parte dei soldi per fini personali. Il miliardario americano avrebbe elargito una somma da capogiro, 100 milioni di euro, alla sua università e, soprattutto, alle Opere di mezzo mondo.
Nella hall dell’opera di Salisburgo, come al Covent Garden di Londra o al Metropolitan di New York il suo nome campeggiava ancora fino a pochi giorni fa nelle placche di marmo che celebrano i danarosi donatori. Qualche addetto si è incaricato di togliere il ricordo di questa censurabile generosità.
La storia di Vilar è, in questi ultimi mesi, un déjà vu. Si ripete il leit-motiv del tragico e a volte criminale fallimento della finanza americana. Il volto di Vilar, come quello del suo celebre collega Bernard Madoff, è quello di una generazione di maghi dell’economia rapaci quanto disinvolti. La fine, per loro, è stata la caduta. La caduta degli dei di Wall Street.