NEW YORK – Appare sempre piu' minacciosa la spada di Damocle che incombe sulla riforma sanitaria voluta dal presidente Barack Obama, di fatto il sigillo della sua presidenza: la Corte Suprema degli Stati Uniti, che oggi l'ha esaminata per il terzo ed ultimo giorno, e' ora divisa su un elemento fondamentale, ovvero se bocciandone alcuni elementi chiave, debbano o meno crollare anche altre parti dell' impianto, come in un effetto domino.
Martedì, in un'udienza definita' in certi tratti drammatica, sotto la lente dei nove giudici della massima corte federale e' finito la norma più controversa della legge, che ne' e' pero' anche il nucleo: quella che entro il 2014 rende obbligatoria l'assicurazione medica per tutti i cittadini statunitensi, pena il pagamento di sanzioni.
I giudici di nomina repubblicana hanno mostrato apertamente di avere in particolare su questo aspetto serie riserve, mentre quelli di nomina democratica, quattro, sono visibilmente a favore della costituzionalita' del provvedimento; e oggi la discussione e' andata avanti su tutti gli aspetti connessi a questo elemento centrale.
Paradossalmente, al di fuori della Corte, i sostenitori e gli oppositori della 'Affordable Care Act' (cosi' si chiama ufficialmente la legge) sono invece d'accordo almeno su un fatto: e' impossibile rimuovere l'elemento chiave della riforma, anche con la massima precisione 'chirurgica', senza creare conseguenze su altri elementi portanti della struttura.
In questo quadro, la tensione e' alle stelle. Da giorni davanti alla sede della Corte, a Washington si ammassano vocianti sostenitori e oppositori della riforma.
In ballo ci sono in effetti enormi interessi economici, considerato che il provvedimento coinvolge il bilancio dei singoli stati, (26 dei quali hanno infatti presentato ricorso all'Alta corte), l'intero settore sanitario, comprese le industrie farmaceutiche, nonche' le compagnie di assicurazioni.
Anche a livello politico, a sette mesi dalle presidenziali, la posta in gioco e' altissima, considerato che una severa bocciatura della legge rappresenterebbe un colpo pesantissimo per il presidente Obama.
L'amministrazione sembra pero' mantenere la calma, e riesce a scendere in campo anche per difendere uno dei suoi procuratori, Donald Verrilli, che ieri davanti alla Corte Suprema e' apparso tentennante nel difendere l'impianto della riforma e per questo da alcuni e' stato criticato. Uno dei portavoce della Casa Bianca ha affermato che ''Verrilli ha rappresentato gli Stati Uniti davanti alla Corte Suprema in maniera professionale e abile e siamo pienamente fiduciosi che continuerà a farlo''.
Una prova di nervi saldi, come quelle che continua a dare il giudice Anthony Kennedy, un decano della Corte Suprema, in cui fu chiamato nel 1988 dal presidente Ronald Reagan e da sempre considerato come l'ago della bilancia, compresa questa volta. Finora, ha rilasciato dichiarazioni che hanno alimentato le speranze dell'uno e dell'altro schieramento, alimentando cosi' anche l'ansia dell'attesa, che si protrarra' peraltro ancora a lungo considerato che la decisione ''dei saggi'' non e' attesa prima di giugno.