Nel distretto di Dolpa, a 4.300 metri di altitudine, al confine tra il Nepal e il Tibet è custodito il Viagra dell’Himalaya: lo chiamano poeticamente Yartsa gunbu che in lingua tibetana significa “erba d’estate, verme d’inverno” ed è un piccolo miracolo della fertilità che si compie con le piogge che vanno da aprile a luglio, quando un fungo parassita attacca il bruco della falena tibetana, che vive nella terra e lo mummifica. Lo Yartsa gunbu è ora a rischio estinzione: tra il 1997 e il 2008 il mercato dello Yartsa gunbu è lievitato del 900% e l’eccessiva richiesta, fonte di grandi guadagni dei grossisti cinesi, ha comportato una raccolta sempre più indiscriminata, che devasta il territorio.
La medicina tradizionale cinese lo considera da almeno 500 anni un potente afrodisiaco, ma anche un potente medicinale anti-cancro. Per la comunità scientifica occidentale possiede proprietà benefiche per il fegato. Ad oggi 500 grammi di viagra dell’Himalaya di alta qualità a Llhasa (Tibet) costano 13 mila dollari, che diventano 26 mila a Shangai. Il governo tibetano la giudica la terza industria su cui puntare per rivitalizzare una regione devastata dal terremoto del 15 aprile. La polizia di Dolpa calcola che almeno 40 mila cacciatori stanno migrando nel distretto per tentare la corsa all’oro.
Secondo la rivista Nature il giro di affari mondiale oscilla tra i 5 e gli 11 miliardi di dollari ma l’Eldorado presto finirà. Si stima che già il prossimo anno gli altipiani saranno ridotti a un deserto.