Hamburger in vitro, merluzzo ristrutturato: cosa mangeremo

(Foto d’archivio)

ROMA – Hambuger in vitro, bistecche bicolori, merluzzo destrutturato: la cucina del futuro è questa. I grilli fritti che ci hanno fatto scandalizzare solo poche settimane fa sono ormai passato. Se è vero che la Fao promuovono l’alimentazione a base di insetti per combattere la fame nel mondo, chef e scienziati scompongono e ricompongono cibi noti per ottenere creazioni che possono lasciare quanto meno sorpresi. Ne parla Anna Meldolesi sul Corriere della Sera.

HAMBRUGER IN VIRO – In alcuni laboratori si stanno perfezionando prototipi di hambuger sintetici coltivati in vitro: un connubio tra tradizione e innovazione che però potrebbe lasciare molti perplessi. Eppure, sottolinea Anna Meldolesi sul Corriere della Sera, anche in passato molte conquiste gastronomiche sembrarono in un primo momento disgustose o portatrici di rovina per altre pietanze, ma alla fine fu tutto molto più semplice. Avvenne così per il caffè, che nel XVII e XVIII secolo fu oggetto di campagne d’odio. In Francia si diceva provocasse l’impotenza, e questo perché si temeva che potesse insidiare il primato del vino. Oggi sappiamo che le cose sono andate in ben altro modo.

MERLUZZO RISTRUTTURATO – Addio sushi, arrivo il “merluzzo ristrutturato”. Se il pesce giapponese negli anni Settanta, quando arrivò nei ristoranti d’Europa, veniva visto come qualcosa di stomachevole, oggi sappiamo bene che non è più così. Ma per ovviare alla carenza di alcuni pesci molto usati per il sushi, come il tonno, si potrebbe presto usare il merluzzo ristrutturato, usato per simulare la polpa di granchio nel surimi, per esempio.

BISTECCA BICOLORE – Come per il merluzzo, anche la bistecca può essere “ricreata” assemblando piccoli pezzi in un taglio più grande, magari unendo carni bianche e rosse a formare una bistecca bicolore. Un modo, soprattutto, per ridurre gli scarti.

KONJAC – L’ultima trovata alimentare in arrivo dall’Oriente si chiama konjac. Si tratta di un tubero da cui si ottiene una farina ipocalorica che viene usata per zuppe, gelatine e spaghetti. In Italia è noto in fitoterapia con il nome di glucomannano, un estratto usato anche per placare la fame. Presto potrebbe comparire anche sugli scaffali dei supermercati, tra il riso e i paccheri.

 

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Maria Elena Perrero