ROMA – Lo scrittore Aldo Busi, in un intervento per il sito Dagospia, rivela quela secondo lui è il più grande artista italiano vivente. “Cucchi, Ontani, Cattelan, Penone, Clemente, Dario Ballantini? Si rassegnino pure il più grande artista vivente italiano è Gabriele Paolini, il performer disturbatore che riesce a dare un senso di informazione oggettiva anche ai telegiornali di Emilio Fede e della Rai, di spirito non di patate anche ai film turistico-metropolitani di Woody Allen e di accettabile santità anche a Wojtyla”.
“Io ho avuto l’onore di essere interrotto da lui una decina d’anni fa – scrive Busi – durante un mio pubblico incontro al Salone del Libro di Torino in cui, per ravvivare lo spirito mosciosissimo di un migliaio di convenuti dormienti a causa dei precedenti interventi di personaggi della cultura nazionale e perciò digestiva, cominciai a sparare condizionali invece di congiuntivi almeno per essere deriso e fargliela pagare, finché lui non venne in mio soccorso. Purtroppo, vedendosi accolto a braccia aperte forse per la prima volta in vita sua, rimase senza parole e si allontanò mogio mogio e non ci fu verso di richiamarlo indietro perché desse anche a me il mio quarto d’ora di gloria immeritata”.
Quindi Busi spiega il perchè di tale ammirazione: “Per me, guardare un telegiornale significa aspettare che faccia irruzione Paolini da dietro il cronista di piazza, se lui non arriva a dare una qualche simmetria alle immagini armonizzandole col suo bel nasino dadaista e la sua criniera scomposta così Bloomsbury e i suoi sguardi di occhialuta stralunatezza alla Harold Lloyd e partono i servizi interni alla redazione, spengo deluso: se non è successo niente a me, vuol dire che non è successo niente per nessuno”.
“Se Gabriele Paolini, le cui performance fanno impallidire quelle di tutti gli altri, da Joseph Beuys a Marina Abramovic a Ontani e Ballantini stessi, decidesse di concretizzare in qualche manufatto paolinico la sua artisticità contemporanea senza uguali in Occidente e esistesse un gallerista in Italia davvero Massimo e che non fosse quindi una mummietta dipendente dal do-ut-des di piccolo cabotaggio pubblicistico di FlashArt o dell’inutile e ormai deleteria partecipazione alla Biennale di Venezia – la cui prossima edizione, se davvero assegnata alla direzione di Giulio Malgara, che sta all’arte come io agli acquisti a rate, rischia di essere fatale per ogni raccomandato esposto, al ludibrio, addirittura più della precedente firmata da Sgarbi per il Padiglione Italia -, sarebbe un trionfo internazionale e un’occasione per il Paese di ringiovanire la sua immagine di paolina e sistemica senescenza anche nelle arti, ormai tutte di mestiere, concomitante al più vecchio”.