Ma Ciarrapico nega che il suo intervento fu voluto da Andreotti o in generale dalla politica
Macché politica. Giulio Andreotti, che mi era amico, mi sconsigliò addirittura d’intromettermi. Disse: «Ma chi te lo fa fare? Sei un vaso di coccio tra vasi di ferro». Mentre Bettino Craxi, che nutriva profonda antipatia per De Benedetti, era convinto che La Repubblica non gli dovesse essere data. […] Ci fu un incontro a Verona. Caracciolo arrivò con Passera e con un furgoncino zeppo di documenti. Chiesi: e con questi che ci dovrei fare? Risposero: qui dentro c’è tutto; quanto deve uno, quanto deve l’altro… Non li guardai nemmeno. […] Entrai in una cartoleria, lì a Verona, e comprai un quaderno a quadretti. […] Divisi ogni pagina con un frego a penna e spiegai: da una parte mettiamo le valutazioni degli asset dell’uno, e dall’altra le valutazioni dell’altro. Fu un lavoro che durò tre mesi, con l’affettuosa vicinanza di Caracciolo. Da arbitro, cenavo una sera ad Arcore e una sera in via Ciovassino.
Alla fine le parti erano soddisfatte, racconta Ciarrapico
Lo certificano anche le foto scattate allora. Sorridevano tutti. De Benedetti e Berlusconi si abbracciarono, addirittura. Alla fine dell’accordo, per suggellare l’affettuosità dei rapporti, andammo a trovare l’Ingegnere a casa sua. Carlo era già in vestaglia, ma cortesemente si rivestì e andammo a brindare tutti insieme.
Poi, anche riguardo alla sentenza “comprata”, Ciarrapico si dimostra sorpreso
No. E difatti mi stupii molto quando lo lessi sui giornali. Ma qualcosa ancora non mi torna: perché dei tre giudici che parteciparono a quella sentenza, a quanto ho letto, soltanto uno (Vittorio Metta, ndr) sarebbe stato corrotto? Mentre gli altri due (Arnaldo Valente e Giovanni Paolini, ndr) non sono stati nemmeno indagati.
Sentenza “frutto di corruzione” che porta alla maximulta che la Fininvest dovrà pagare alla Cir
560 milioni di euro sono quasi 1.100 miliardi di lire. È un valore assurdo. In borsa, oggi, la quota della Fininvest nella Mondadori vale meno della metà . Per questo, quando ho letto la notizia sui giornali, ho pensato che De Benedetti abbia avuto un vuoto di memoria: decisamente, deve avere dimenticato quanto aveva già ottenuto vent’anni fa.
“Insomma”, chiede Tortorella a Ciarrapico “l’accordo del 29 aprile 1991, secondo lei, non rappresentò affatto una sconfitta per la Cir?”
Altro che sconfitta! Il giorno dopo l’Ingegnere parlò con qualche giornale della Finegil, la catena dei quotidiani locali che aveva appena incassato con l’accordo. Disse testualmente che aveva ottenuto «il beneficio economico di alcune decine di miliardi di plusvalenze». Verissimo: gli erano stati dati. La sua Cir, a compensazione di quel che aveva preso dalla Fininvest, formalmente pagò 185 miliardi di lire; ma ottenne quei soldi attraverso l’acquisizione gratuita della Cartiera di Ascoli, che aveva in pancia liquidità e giacenze per oltre 170 miliardi. Fu una vittoria, insomma. E lo spiegò bene lo stesso Caracciolo… A un suo compleanno, nell’ottobre di qualche anno dopo. Fece una bella festa al castello di Torrecchia, a sud di Roma. C’erano De Benedetti e molti protagonisti dell’accordo. Sicuramente non Berlusconi. Ma c’era anche Guido Rossi, cui durante la trattativa era stato chiesto un parere tecnico. Durante il pranzo, Caracciolo incaricò me di fare il brindisi. L’Ingegnere si era offerto, ma lui non l’amava tanto: lo chiamava per sigla, «Cdb»… Alla fine prese la parola e pronunciò questa frase: «A Giuseppe Ciarrapico gli amici di Repubblica dovrebbero innalzare un monumento e collocarlo all’ingresso del giornale». Aveva ragione, il mio amico: avevo evitato che il giornale cambiasse padrone. E pensare che invece quelli oggi scrivono che sono un autore di truffe. Incredibile. Chi si rimangia gli accordi, piuttosto, quello sì…