Il ministro per l’Economia, Giulio Tremonti, intende fare ricorso a misure anche drastiche per impedire che grandi capitali francesi diventino proprietari di aziende italiane in difficoltà o comunque in vendita. Secondo quanto scrive Laura Serafini sul Sole 24 Ore, Tremonti ha affrontato la questione durante il consiglio dei ministri straordinario convocato per discutere delle misure da adottare nei confronti della Libia: “Un comunicato diffuso da palazzo Chigi ha rivelato che Tremonti aveva tenuto in consiglio una relazione sulle normativa francese posta “a tutela delle partecipazioni strategiche” d’Oltralpe, prennunciando l’intenzione di valutare l’opportunità di uno strumento legislativo per proteggere le società italiane”.
Questo nell’attesa che si muova qualche gruppo italiano. Finora si è fatto avanti Ferrero, un colosso mondiale, anche se con una dichiarazione molto cauta.
Non ci si è fermati a questo: l’ambasciatore francese, Jean-Marc de La Sabliere, è stato convocato a palazzo Chigi ed è stato affrontato dallo stesso Tremonti e dal sottosegretario Gianni Letta, i quali gli hanno comunicato l’intenzione del governo “di tutelare le imprese italiane da scalate di matrice francese”.
A fare scattare la reazione del Governo italiano è stato l’allarme lanciato venerdì 18 marzo dai giornali sulla possibile scalata su Parmalat da parte della francese Lactalis. L’ipotesi aveva un contorno quasi scandaloso, perché Parmalat è una azienda italiana risanata, pulita, un boccone appetitoso mentre Lactalis è una società francese che a quanto scriveva Dario Di Vico sul Corriere della Sera non pubblica i suoi bilanci dal 2001.
Altri casi di mire francesi sono quello di Groupama che, scrive Serafini, “approfitta della debolezza di Premafin e Fondiaria-Sai per tentare di acquisirne il controllo, Edf che punta i piedi nel riassetto di Edison con gli stessi obiettivi, Lvmh che conquista Bulgari (seppure, in questo caso, su chiamata dei soci italiani). Ultimo il caso del gruppo Lactalis che rastrella le azioni Parmalat.
Secondo Serafin, “la strada che Tremonti vuole tentare passa per il principio di reciprocità. Un paese che aderisce alla Ue, infatti, non può varare generiche misure restrittive al libero mercato, perchè rischia l’apertura di una procedura di infrazione da parte di Bruxelles. E per l’Italia non sarebbe la prima volta: la Ue ha ancora aperta una procedura simile per le norme italiane sulla golden share, che protegge le società a controllo pubblico. Mentre nel 2003 lo stato italiano è stato deferito davanti alla Corte di giustizia europea per il decreto legge con cui nel 2001 congelò sotto al 2% i diritti di voto del colosso dell’elettricità francese Edf, che accanto a Fiat stava dando la scalata alla Montedison. Una partita che dieci anni dopo è ancora aperta e i cui strascichi sono all’origine della presa di posizione del governo italiano”.
Secondo Serafin, l’attenzione sarebbe concentrata su una legge adottata dai francesi a fine 2005, dopo un tentativo della Pepsi di lanciare un’Opa su Danone e contestualmente al piano (fallito) di Enel di conquistare Suez-Electrabel: la norma prevede una lista di oltre dieci settori strategici, in cui l’ingresso da parte di capitali esteri in posizione di controllo in società francesi deve passare attraverso l’ok governativo. Ma l’intervento italiano non si limiterà a questo. Perché una simile barriera non deve essere troppo efficace, se gli stessi francesi nel 2006, per impedire a Enel la scalata su Suez, ne vararono in tutta fretta la fusione di questa con Gaz de France.