ROMA – Più di 350 euro è la differenza di stipendio tra un operaio e di un dirigente, sono 356 euro per l’esattezza. Con un impiegato la forbice di stringe a 22 euro.
I dati sono quelli delle Acli all’apertura del 44° Incontro nazionale di studi, dedicato al tema del “Lavoro scomposto”. Il rapporto dell’Iref – l’istituto di ricerca delle Associazioni cristiane dei lavorati italiani -spiega che rispetto alla retribuzione media giornaliera (82 euro), il guadagno di un dirigente è di 340 euro in più al giorno, un quadro 111 euro, un impiegato 6 euro in più.
“I dati mettono in evidenza una divaricazione eccessiva delle retribuzioni – sostiene il presidente delle Acli, Andrea Olivero – che non può non essere presa in considerazione in queste ore in cui si discute di sacrifici per il Paese. Occorre assolutamente ripristinare nella manovra economica il contributo di solidarietà e la misura patrimoniale”.
Sono divergenze ”eccessive” secondo Olivero, convinto che ”restituire risorse ai lavoratori e’ l’unico modo per garantire la tenuta dei consumi e il rilancio del paese” e che, per questo, ”occorre assolutamente ripristinare nella manovra il contributo di solidarieta’ e la misura patrimoniale”.
Le Acli mettono in guardia dal considerare la crisi come unica responsabile delle distorsioni del mercato del lavoro e indicano i ”ritardi storici del sistema produttivo”. A partire dall’occupazione sommersa, il 12% del totale, quella precaria, che riguarda il 23% dei lavoratori, e quella ”sovraistruita”, una realta’ per il 19% degli italiani e il 42% degli immigrati. Il nanismo delle imprese, poi, con le grandi che sono appena lo 0,1% del totale, l’invecchiamento della popolazione e la carenza di investimenti in ricerca e sviluppo contribuiscono a un mondo che ”necessita una profonda riorganizzazione”. Il mercato del lavoro italiano scontenta chi vi fa parte e scoraggia chi ne e’ tagliato fuori. La quota di persone soddisfatte del proprio impiego e’ passata dal 25 al 21% per gli uomini e dal 30 al 21% per le donne tra il 1995 e il 2010. I lavoratori meno qualificati sono anche i meno appagati (esprime soddisfazione l’11%), mentre la contentezza cresce tra gli impiegati molto qualificati (34%). Sfortunatamente, sono proprio i posti di fascia bassa quelli piu’ disponibili. Nel 2010 sono andate perse circa 70 mila posizioni dirigenziali, 78 mila impieghi da professionista della conoscenza e oltre 100 mila tecnici. E la capacita’ del mercato italiano di riassorbire chi ha perso il posto e’ tra le peggiori in Europa: il 45% dei disoccupati lo e’ da piu’ di due anni e gli scoraggiati, quelli chi hanno rinunciato a cercare un lavoro, sono piu’ del doppio della media europea, il 10% degli inattivi.