L’indagine, coordinata da Alessandro Marangoni, Ceo di Althesys, docente all’università Bocconi e autore nel 2008 di un approfondito lavoro sui costi e benefici dell’innovazione nelle reti idriche in Italia, calcola in 51mila chilometri il fabbisogno di nuove reti (oltre 30mila di acquedotti e circa 21mila di fognature) e in oltre 170mila chilometri le necessità di rifacimenti, dei quali 125mila per acquedotti. Con questi interventi, secondo gli autori della ricerca, l’Italia si metterebbe al livello dei migliori partner europei.
Per le reti acquedottistiche (circa 155mila chilometri in totale) si parla nel complesso di poco meno di 20 miliardi di euro, dati da circa 4,2 miliardi per i materiali e 15,6 per l’installazione. Ciò equivale a un costo unitario medio (diversi diametri delle condotte, prezzo medio di realizzazione con materiali plastici) di circa 127mila euro al chilometro per le reti idriche. Per le infrastrutture fognarie e il collettamento alla depurazione, invece, l’investimento complessivo è stimato in 29,1 miliardi di euro, dei quali circa 7,7 per i materiali e il resto per la costruzione. Il costo unitario medio sarebbe di 437mila euro al chilometro.
«Le perdite della rete idrica italiana arrivano al 35-40% – ricorda Marangoni. – È uno spreco ambientale ed economico enorme: l’acqua persa è un prodotto costoso, frutto di una filiera industriale che parte dall’approvvigionamento per passare attraverso le fasi di trasporto, potabilizzazione, distribuzione, fognatura e depurazione». In un anno in Italia si “perde” quindi non solo una grande quantità di acqua (circa 3-4mila miliardi di metri cubi), ma anche molto denaro: tra i 4 e i 5,2 miliardi di euro, secondo Althesys. Considerando un orizzonte di 25 anni, i benefici per i cittadini derivanti dalle nuove infrastrutture potrebbero arrivare fino a 130 miliardi di euro: sei volte più dell’investimento. «Tutto ciò – conclude Marangoni – senza considerare i costi di manutenzione e gli impatti ambientali».