Si allontana la cedolare secca del 20% sul reddito degli affitti immobiliari. Il nuovo regime fiscale, previsto dal decreto attuativo del federalismo sull’autonomia impositiva dei Comuni, sarebbe dovuto scattare già all’inizio del prossimo anno, ma secondo i tecnici del governo, almeno nell’immediato, ci sarebbero problemi di copertura di bilancio. E lo stesso cammino del decreto, presentato dal governo al Parlamento senza l’accordo con i sindaci, appare complicato. Mario Sensini per Il Corriere della Sera spiega come a tenere in bilico la cedolare secca al 20% siano i problemi di bilancio, con un gettito che negli anni potrebbe dimezzarsi e diminuire drasticamente.
Per la cedolare secca sugli affitti le possibilità di essere introdotta nel 2011 sono ridotte al minimo, anche se i tempi tecnici per il nuovo tributo ancora ci sarebbero. Quel che manca è il margine di manovra nei conti pubblici. Nel 2011, secondo i tecnici del servizio Bilancio della Camera, l’applicazione dell’aliquota del 20% ai redditi delle locazioni immobiliari comporterebbe un minor gettito netto di 525 milioni di euro. Risorse che verrebbero meno ai bilanci comunali e che dovrebbero essere compensate da altri meccanismi, come i tributi propri dei Comuni (l’Imu, l’imposta municipale unica, per la quale deve ancora essere fissata l’aliquota di equilibrio) o i fondi perequativi, che tuttavia non sono stati ancora messi a punto, o che scatteranno solo in un secondo momento.
E benché i tecnici della Camera, d’accordo con quelli del governo, diano per scontata una certa emersione di affitti in nero, i conti non tornano. Un maggior impegno nella lotta agli affitti in nero da parte dei sindaci, che incasseranno la nuova tassa, è scontato. Ma è tutto da vedere se poi il recupero del sommerso possa effettivamente essere contabilizzato a copertura del minor gettito della cedolare secca.
La tassazione degli affitti con l’aliquota Irpef marginale, come avviene con il sistema attuale, garantisce ogni anno un gettito di 3,6 miliardi di euro. La cedolare del 20% porterebbe entrate per 2,6 miliardi, che salirebbero a 3 miliardi scontando l’emersione di 440 milioni di tasse sugli affitti che oggi vengono evase. Nel 2012, secondo anno di applicazione, ci sarebbe una maggior emersione e il minor gettito si dimezzerebbe a 250 milioni di euro. I conti si pareggerebbero nel 2013, ma solo per quell’anno. Dal 2014 ci sarebbe un minor gettito strutturale di 250 milioni, ma questo sbilancio potrebbe essere coperto dal maggior gettito dell’Imu, che scatterà appunto dal 2014, stimato in circa 500 milioni di euro rispetto a quello oggi garantito dalle tasse che saranno accorpate nel nuovo tributo.
Non incontra sorti migliori il decreto sull’autonomia impositiva delle Regioni, che prevede tra l’altro la possibilità per i Governatori di alzare le addizionali Irpef fino al 3 per mille. Anche in questo caso, manca ancora l’intesa della Conferenza Stato-Regioni, i n pratica il via libera dei governatori, che continuano a pressare il governo lamentando i tagli “impossibili” al loro bilancio stabiliti dal decreto antideficit del luglio scorso.
In settimana ci sarà l’ultimo tentativo di trovare un accordo, ma le posizioni sono ancora molto distanti. Se l’intesa non arrivasse in zona Cesarini, eventualità oggettivamente difficile, il governo potrebbe decidere di forzare la mano (come ha fatto con il decreto sul fisco dei comuni) e trasmetterlo ugualmente al Parlamento. Il conflitto tra governo, Regioni ed enti locali però a quel punto sarebbe a tutto campo.