TEHERAN – L’annuncio è di quelli che fa paura anche se, a guardarlo bene, non si capisce bene su quale fondamenta si poggi. Il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad lo dice con la certezza di colpire il cuore più profondo delle paure occidentali: “Il petrolio salirà ancora” e salirà tanto, “arriverà a 150 dollari al barile”.
Lo dice non a caso nel contenuto e soprattutto non a caso nella tempistica. Parla quando il tema fa più paura, nel giorno in cui l’oro nero estratto nel mare del Nord, il Brent, viene scambiato a 120 dollari al barile. Un record, dal 2008 ad oggi. Solo che tre anni fa la crisi non era ancora esplosa e la domanda di greggio era alle stelle mentre oggi il mondo, anche se la fase acuta è passata, si lecca le ferite. Il petrolio del Golfo, quello Opec, costa invece un po’ meno: viene scambiato attorno ai 108 dollari. Che è comunque un prezzo record.
Ahmadinejad allora affonda, dice che “il prezzo attuale è ancora troppo basso”. E lo fa con l’autorevolezza del rappresentante del secondo produttore dei paesi Opec, in un momento in cui la Libia è fuori dai giochi. Ma l’economia, nel discorso del leader iraniano c’entra poco o nulla. Le cause per cui il petrolio è destinato a salire sono “politiche” anche se Ahmadinejad non si cura di andare nei dettagli. Sarà la crisi libica? Possibile, ma è più probabile che il leader iraniano abbia tentato la carta del colpo a effetto.
In attesa di vagliare sul campo la profezia di Ahmadiejad in Italia i problemi non mancano. Il petrolio corre di suo e i rialzi non lasciano sperare bene per i prezzi alla pompa della benzina. Se il costo del carburante è già alle stelle, un aumento ipotetico del 37% (da 108 a 150 dollari al barile) rischia di gravare interamente sulle tasche dei consumatori. Se poi consideriamo che l’attuale rincaro, quello che ha portato a 108 dollari al barile il prezzo del petrolio non si è ancora totalmente trasferito al distributore allora la frittata è fatta e un aumento del 50% rischia di non essere una chimera.
Non solo: in arrivo ci sono anche gli aumenti delle accise, decisi dal governo per finanziare il fondo unico per lo spettacolo. A calcolare esattamente l’ammontare del rincaro sarà a breve l’Agenzia delle Dogane che dovrebbe decidere domani o al più tardi entro il 7 aprile. Secondo la relazione tecnica del governo che accompagna il decreto legge di fine marzo, l’imposta aumenterà comunque in modo mobile, da qui al 2014. Non ci resta che attendere e sperare, soprattutto, che Ahmadinejad abbia torto marcio.