
ROMA – Alitalia-Etihad: si lavora a piano B senza Poste. Entro venerdì 25 si decide. Poste non arretra. Gettando l’intera trattativa tra Alitalia ed Etihad in una situazione di stallo. Si lavora dunque a un piano B per trovare, tra gli stessi soci o anche tra altri soggetti, chi rilevi le sue quote. Mancano all’appello 40 milioni di euro: una soluzione va trovata entro dopodomani (25 luglio) quando l’assemblea dei soci Alitalia deve approvare il bilancio 2013 con 569 milioni di perdite ed evitare che i libri contabili finiscano in tribunale.
Il consiglio di amministrazione della società guidata da Francesco Caio (Poste) ha condiviso la logica industriale e di mercato dell’impostazione data nei giorni scorsi alla partecipazione all’operazione Alitalia-Etihad: un sì condizionato, i cui paletti hanno fatto irritare le banche e gli altri azionisti, mettendo a rischio l’intera operazione. Per il ministro Lupi però Poste ci sta e si tratta solo di capire le modalità.
“Mi sembra che Poste abbia risposto con una lettera che ci sta” poi “dovranno vedere tra i soci privati le modalità con cui questa disponibilità di procedere a un ulteriore aumento di capitale si possa tradurre”, ha detto Lupi da Bruxelles in mattinata. “Non spetta al governo” decidere con quali modalità Poste debba intervenire nell’aumento di capitale di Alitalia, ha aggiunto: “mi risulta che abbia scritto una lettera e, da quel che ho letto, mi sembra che la distinzione sia sulle modalità di partecipazione, non sul fatto che Poste non creda al progetto industriale”.
Nei giorni scorsi Poste ha infatti annunciato con un comunicato e una lettera all’azienda il proprio ok condizionato all’operazione e anche oggi, parlando ai sindacati, Caio ha confermato che, se è un’operazione congruente con lo sviluppo del business logistico, è fattibile. Sono proprio le modalità indicate da Poste per partecipare all’equity commitment per coprire eventuali perdite e contenziosi ad aver irritato le banche e gli altri soci: in particolare l’ok ad investire i circa 40 milioni non nella old company ma nella newco.
Su questo nodo è da giorni che sono in corso contatti continui, anche con il governo, per trovare un rimedio: ma arrivati a questo punto, vista la linea confermata oggi dal cda di Poste, e considerato che Etihad è difficile che ammorbidisca le proprie condizioni, si starebbe studiando una diversa interpretazione delle norme per rispondere ai requisiti posti dalla compagnia degli Emirati (la garanzia dei vecchi soci) pur senza i fondi di Poste. Ma al di là delle indiscrezioni i soci non confermano alcun mal di pancia: “io sto bene”, risponde l’ad di Unicredit (12,99%) Federico Ghizzoni, precisando che le banche da parte loro hanno fatto, il loro compito è finito, “vedremo ora cosa succederà”.
Ora con il governo si cerca una mediazione, un compromesso, «si studia un’ipotesi senza Poste, tutte le ipotesi sono aperte», ha riferito al Sole 24 Ore una fonte autorevole. Si è tentato anche di coinvolgere i più grandi tra i piccoli soci di Cai, come Antonio Percassi entrato in dicembre con 15 milioni (ha il 3,9%) o Davide Maccagnani salito al 3,69 per cento. Finora però non si è trovata la chiave del rebus. «Dopo settimane, mesi di duro lavoro stiamo ormai a un passo dal punto di svolta per Alitalia», hanno detto in una lettera ai dipendenti il presidente Colaninno e l’a.d. Gabriele Del Torchio, precisando che «non c’è più tempo». (Gianni Dragoni, Il Sole 24 Ore)
Una verifica arriverà sicuramente venerdì in assemblea, quando i soci sono chiamati tra l’altro a varare l’equity commitment. Mentre si attende la convocazione per un cda a giorni per esaminare il testo del contratto con Etihad. Intanto sul fronte sindacale oggi è partita la lettera della Uiltrasporti alle altre sigle per chiedere un referendum sull’intesa sui 31 milioni di tagli al costo del lavoro che proprio la Uilt non ha firmato. E dal palco del congresso nazionale il segretario generale della sigla dei trasporti della Uilt Claudio Tarlazzi accusa i vertici della compagnia: “Il caso Alitalia è il risultato drammatico dovuto ad una gestione condizionata da un management non all’altezza a cui si aggiunge la difficoltà di concorrere nel mercato domestico con regole che avvantaggiano ancora le compagnie straniere low-cost”.