ROMA – “Entro una settimana”, “Monti vuole chiudere entro il 23 marzo”: i titoli delle agenzie di stampa e dei siti danno l’idea che sul tema della riforma del lavoro il governo sta cercando di accelerare, con un calendario di incontri serrati con i partiti della maggioranza e i sindacati.
Cosa sarà “riformato”? I contratti saranno sempre meno “nazionali” e sempre più “aziendali”, ovvero frutto di una trattativa non a Roma ma “in loco”, direttamente fra aziende e rappresentanze dei lavoratori? Saranno sfoltite le 46 tipologie contrattuali in cui oggi si declina la parola “precarietà”? Saranno introdotti gli ammortizzatori sociali, il contrappeso alla flessibilità che aveva previsto Marco Biagi nel suo “libro bianco” sul lavoro, ma dei quali non ve ne fu traccia nella Legge 30 del 2003, approvata a un anno dall’omicidio del professore bolognese e impropriamente chiamata col suo nome? Sarà riscritto l’articolo 18, esattamente dieci anni dopo che la Cgil di Cofferati portò due milioni di persone in piazza proprio in difesa dell’articolo 18?
Confuse sono finora le premesse. E non è escluso che si finisca con un “molto rumore per nulla”, esattamente come è successo con le liberalizzazioni e le semplificazioni. Innanzitutto, ci sono le risorse per la riforma? La Cgil dice che servirebbero 4 miliardi, il governo con il ministro del Welfare Elsa Fornero dice di averne trovati 2, e che basteranno. La Cgil “spiffera” su Twitter che la Fornero, al tavolo con le parti sociali, ha detto: “Non sono in grado di dirvi dove saranno trovate le risorse, il Governo è impegnato a ricercarle”. Certo è che gli obiettivi annunciati dal ministro sono molto ambiziosi: anticipare al 2015 l’entrata in vigore di nuovi ammortizzatori sociali, portare la disoccupazione al 4-5%, riscrivere l’articolo 18, cambiare la flessibilità in entrata e in uscita.
Di certo non c’è neanche il calendario. Luigi Angeletti, segretario della Uil, dice che si chiuderà tutto in settimana. Si “ipotizza” un incontro lunedì prossimo a Palazzo Chigi, con la presenza di Mario Monti. Ma Susanna Camusso, segretario della Cgil, dice già che “Il dato di oggi è un passo indietro” sulla riforma del mercato del lavoro.
Mentre la Fornero ha indicato alle parti sociali che invierà loro due documenti, uno sul tema dei contratti, l’altro sulla parte della riforma degli ammortizzatori sociali che riguarda la nuova assicurazione sociale per l’impiego. Le parti sociali risponderanno con le loro osservazioni. Poi il ministro avvierà una serie di incontri bilaterali con i leader delle parti sociali sulla flessibilità in uscita, quindi sul nodo dell’articolo 18. Peccato che sull’affrontare il “nodo articolo 18”, oltre all’opposizione netta della Cgil, ci sarà anche i dubbi del Pd. Pier Luigi Bersani ha detto: “Non tradiremo l’articolo 18”.
E per non farsi mancare nulla c’è anche un “no” di Confindustria: “Fornero non acceleri sugli ammortizzatori sociali”, avverte Emma Marcegaglia, leader degli imprenditori. L’accelerazione sulla riforma degli ammortizzatori sociali annunciata dal ministro, con una riduzione del periodo di transizione (a regime nel 2015 invece che nel 2017) per Confindustra “è un problema, le abbiamo chiesto di rivedere questo punto”, ha spiegato Marcegaglia: ”Il periodo di transizione per noi importante, mantenendo gli strumenti attuali” come sulla mobilità, ”perche dovremo gestire ristrutturazioni complesse”.