ROMA – L’Asia sarĂ la nuova America. I flussi migratori dettati dalla ricerca di un lavoro e di una migliore condizione di vita si spostano secondo L’International organization for migration, Iom, agenzia partner dell’Onu che è specializzata nello studio e nella gestione dei flussi migratori nel mondo. I paesi del Sud del mondo stano emergendo da un punto di vista economico e necessitano di maggiore manodopera, mentre nei paesi del Nord i tassi di disoccupazione aumentano. Un dato allarmante perĂ² per America e Europa, che entro il 2060 potrebbero ritrovarsi senza manodopera e dunque dover incentivare l’immigrazione.
Negli Usa il tasso di disoccupazione è del 9 per cento, mentre in Messico dell’11,4%, inutile dunque cercare di passare le frontiere mentre il “sogno americano” rischia di diventare un incubo. Tra il 2010 e il 2011 negli Stati Uniti si è registrato un calo di immigrazione legale di circa 7 milioni di persone, calo che potrebbe dipendere dal divieto di richieste di carta verde al Bangladesh deciso dal Dipartimento di Stato.
Secondo la Iom i paesi del Golfo Persico attirano sempre piĂ¹ lavoratori dal Medio Oriente, mentre paesi come la Thailandia, Singapore e la Malaysia attirano quelli dell’Estremo Oriente. La Cina diventerĂ la meta prediletta della forza lavoro, dato che tra il 2015 e il 2060 la popolazione in etĂ da lavoro dovrebbe diminuire di 264 milioni di persone.
Una cambio di tendenza dei flussi migratori  che potrebbe diventare un pericolo per Europa e Stati Uniti, dove il calo della fertilità rischia di arrestare a 600 milioni di persone fino al 2050 la popolazione in età da lavoro. Un calo di forza lavoro che i paesi sviluppati dovranno compensare attirando nuovi flussi migratori, per non perdere la propria produttività e dunque la propria ricchezza.
Questo fenomeno potrebbe essere perĂ² legato anche ai cambiamenti climatici, come svela su Science Alex De Sherbinin, studioso dell’Earth Institute della Columbia University. Nel 2008 sono state 20 milioni, secondo dati Onu, le persone costrette a lasciare le proprie case per disastri naturali. Numero che sembra destinato ad aumentare fino a 200 milioni di persone entro il 2050.
