ROMA – La vostra auto beve molta più benzina di quanto promesso dalla pubblicità? Non è solo un’ impressione ma la pura realtà: i nuovi modelli consumano il 25% in più di carburante rispetto a quanto dichiarato dalle case automobilistiche. Colpa dei test di omologazione datati, vecchi del 1980. Non importa se benzina o gasolio, la vostra auto nuova vi costa in media 300 euro in più all’anno.
Dalle verifiche emerge che non tutti “truccano” allo stesso modo: le case tedesche Bmw, Audi, Mercedes, Opel reclamizzano consumi inferiori del 25-30%, mente e le francesi Peugeot, Citroen Renault e Toyota sono sotto il 15%-
A fare i conti per noi è stato l’International Council On Clean Transportation, in un rapporto in cui sostiene che i consumi reali delle auto sono del 25% superiori a quanto pubblicizzato. Dieci anni fa, secondo i dati dello stesso osservatorio, la differenza era del 10%.
Peter Mock, direttore di Icct raggiunto dal Corriere, spiega che “il divario aumenta costantemente”. Circa mezzo milione di macchine sono state messe alla prova da società di noleggio e leasing, da alcuni portali specializzati come sprintmotor.de e Honestjohn.co.uk, dalle riviste WhatCar? e QueChosir e dagli Automobile Club tedesco e svizzero. Tutti confermano il divario.
Il problema sono i test di omologazione troppo vecchi, nei quali i costruttori di auto hanno gioco facile ad ottenere risultati molto più ottimistici. Tutto legale, per carità, tutto secondo le indicazioni del Nedc (New European Driving Cycle) che risale, però, a trenta anni fa.
Gli esperti chiedono che vengano adottate nuove procedure, come quella messa a punto dalle Nazioni Unite. Si chiama WLTP, Worldwide Harmonized Ligt Vehicles Test Procedure, un test di consumi su base globale che darebbe risultati molto più aderenti alla realtà. Ad aprile il Parlamento europeo ha deciso di introdurlo a partire dal 2017. Ma, specie in Europa, le pressioni dell’industria dell’auto, Germania in testa, non sembrano gradire. Non sono pochi gli stati che già puntano ad uno slittamento almeno fino al 2020.