
ROMA – Se una banca fallisce a pagare le perdite sono i privati e non più gli Stati: ĆØ la conseguenza più importante dell’Unione bancaria decisa dal Parlamento Europeo. Non saranno più i soldi pubblici a salvare gli istituti di credito. Si vuole evitare cosƬ quello che ĆØ successo dal 2008 al 2010, quando il debito pubblico dei Paesi Ue ĆØ salito dal 60% all’80% del Pil perchĆ© gli Stati avevano evitato con massicci stanziamenti pubblici il fallimento di tante banche europee investite dalla crisi dei derivati subprime Usa.
Pagano i privati, cioĆØ azionisti, obbligazionisti, titolari di conti correnti e conti di deposito, se il crac supera l’8% del passivo bancario. Chi detiene azioni o chi possiede un conto in una banca che fallisce paga fino a un massimo dell’8% delle perdite. CioĆØ: se un istituto di credito X sta per fare crac e ha 100 miliardi di euro, azionisti e correntisti pagheranno 8 miliardi, anche se non tutti allo stesso modo.
Chi ha un conto o un deposito fino a 100 mila euro non pagherĆ nulla, sarĆ tutelato da un apposita autoritĆ istituita dalla Banca centrale (nel nostro caso la Banca d’Italia) che sarĆ una sorta di curatore fallimentare dell’istituto a rischio crac. Non pagheranno nulla neanche i possessori di obbligazioni garantite (covered bond) e non verranno toccati stipendi e pensioni della banca in fallimento.
A pagare saranno, in ordine, fino al raggiungimento dell’8% delle perdite,
- gli azionisti,
- i titolari di “subordinate”, ovvero le obbligazioni “Lower Tier 2” e “Upper Tier 2”, a metĆ fra azioni e obbligazioni,
- i possessori di obbligazioni normali (le “senior”),
- i titolari di conti correnti sopra i 100 mila euro, se non si ĆØ ancora raggiunto l’8%, cosƬ come ĆØ stato fatto per salvare le banche di Cipro.
In ultima battuta c’ĆØ il Fondo unico di liquidazione, che l’Eba (European banking authority) ha dotato di 55 miliardi per intervenire nel caso non bastasse il contributo dei privati.
