Bancari: 50mila prepensionamenti in tre anni

Bancari: 50mila prepensionamenti in tre anni

ROMA – Bancari: 50mila prepensionamenti in tre anni. Arriva il sostegno dello Stato per accompagnare i bancari in prepensionamento volontario, misura fino a ora sopportata solo dalle banche che però, visto il prolungarsi della crisi e l’arrivo di nuovi pesanti tagli, hanno visto disseccare il Fondo esuberi di categoria. L’accordo di massima fra governo e Abi, con il placet dei sindacati, sarebbe stato raggiunto ma la misura dovrà essere affinata nei prossimi giorni sia sulle modalità che nelle risorse.

50mila uscite programmate in tre anni. Si parla infatti di un contributo che, per i prossimi tre anni appunto, dovrebbe colmare il gap del Fondo per gestire almeno 50mila uscite, numeri che potrebbero anche aumentare. Le banche e i sindacati avrebbero sottolineato la necessità di almeno 150 milioni l’anno ma il governo starebbe cercando di ridurre tale impegno. Una misura straordinaria per un momento straordinario, ripetono dal settore, visto che il comparto sta attraversando una crisi paragonabile a quella del manifatturiero alla fine degli anni ’70, della chimica o dell’acciaio.

E visto che, a differenza di allora, gli esuberi non possono essere posti a carico completo della P.a o del bilancio pubblico sia per motivi di ristrettezze fiscali che di convenienze politiche, si tratterà di un sostegno della quota (normalmente il 60% dell’ultima retribuzione) a carico del Fondo per sostenere il reddito del lavoratore in uscita. Il meccanismo, finanziato dalle banche e dai lavoratori, che ha consentito di gestire senza licenziamenti e in maniera non traumatica le crisi in questi anni è infatti sotto pressione per mancanza di risorse.

Escluso il ricorso alla Cassa Integrazione (lo stato di crisi che si dovrebbe dichiarare farebbe scattare l’intervento delle autorità di vigilanza europee) quindi la strada del sostegno al Fondo è parsa la più ragionevole anche perché consentirebbe alle banche di programmare gli interventi di riduzione nei loro piani industriali con certezza e ai dipendenti di non essere colpiti da licenziamenti collettivi obbligatori.

Già negli scorsi mesi l’esecutivo ha consentito di allargare il ricorso alla flessibilità in uscita da 5 a 7 anni. Ora con questa misura si darebbe agli istituti una spinta a compiere quella profonda ristrutturazione chiesta un po’ da tutti con sempre maggiore insistenza: Banca d’Italia, Bce, investitori e lo stesso governo. Tagli che a detta di molti, appaiono inevitabili per l’impetuoso sviluppo tecnologico e l’arrivo delle transazioni on line o via smartphone oltre che per la riduzione della redditività degli istituti in un mondo di tassi a zero.

Published by
Warsamé Dini Casali