
Aumentano i segnali di una resa dei conti tra il mondo politico, destra e sinistra uniti, e il sistema bancario privato italiano.
Domenica un’inquietante intervista a Repubblica del sindaco di Torino Sergio Chiamparino sul tema della attribuzione delle poltrone ai massimi livelli della banca Intesa San Paolo; mercoledì la stizzita e minacciosa reazione di Tremonti al rifiuto di Unicredit e Intesa San Paolo nei confrotni dei bond da lui Tremonti inventati; giovedì una analisi del potere della Lega verso le banche.
Per tendersi conto di come cresce il peso della Lega all’interno dei grossi gruppi bancari italiani, basta leggere l’a analisi del quotidiano Libero, che delinea una geografia ragionata del mondo finanziario italiano sottolineando l’influenza assunta dal Carroccio all’interno delle fondazioni, con le quali presidia il territorio dove fa il pieno di voti.
Non c’è niente di nuovo sotto il sole italiano. Una volta le redini le avevano i democristiani e il collegamento era diretto: non si può dimenticare la determinazione con cui una banca veronese impedì l’ingresso di editori considerati comunisti nell’azionariato di giornali locali. Poi i democristaini o sono spariti o si sono riciclati e i partiti si sono cammuffati dietro l’ipocrisia delle fondazioni. Ma tutti sapevano, quando le fondazioni furono inventate, che nulla al fondo era cambiato.
Poi è accaduto che banche come il vecchio Credito Italiano, per crescere come voleva il mercato e raggiungere dimensioni decenti, abbiano cominciato a fondersi con banche locali in cui il peso dei partiti era sempre stato forte: così si sono messi nel sangue la tabe della politica e ora si ha l’impressione che sia imminente il redde rationem.
Il caso riportato da Libero è emblematico. Il partito guidato da Bossi è in prima linea soprattutto nel sostegno alle iniziative del ministro Tremonti sulle grandi concentrazioni bancarie.
Per capire bene quello che sta succedendo bisogna partire dagli avvenimenti degli ultimi giorni: Banca Intesa e Unicredit hanno rifiutato il ricorso ai Tremonti Bond. Eppure Marcello Sala, consigliere in Intesa, aveva detto chiaramente di essere favorevole. Ed è noto, secondo Libero, che Sala sia molto vicino al leghista Giorgetti.
Unicredit ha declinato l’invito tremontiano, ma deve fare i conti con Cariverona, azionista del gruppo bancario. E la maggior parte dei consiglieri della fondazione scaligera sono nominati dal sindaco di Verona, Flavio Tosi, da quello di Legnago, Roberto Rettondini, dal presidente della Provincia di Vicenza, Attilio Schneck, dal sindaco di Feltre, Gianvittore Vaccari. Tutti rigorosamente leghisti.
Cariverona sottoscriverà allora un aumento di capitale, così come deciso per il momento da Unicredit? Secondo Libero non è così scontato, se si pensa che il sindaco di Verona Tosi ha già in passato bloccato un’operazione del genere: da leghista “puro” preferisce che i soldi della fondazione vengano investiti sul territorio piuttosto che nei “giochi” di finanza.
Senza dimenticare che nel 2010 ci sono le elezioni regionali e, se la Lega dovesse confermare il trend positivo delle ultime tornate, aumenterebbe ulteriormente il proprio peso, anche nel mondo economico-finanziario.
Inoltre, quanto sta accadendo degli ultimi tempi, dalla “guerra dei Bond” allo scudo fiscale, dai mancati tagli alle tasse agli incentivi alla Fiat, sta scontentando non poco i piccoli imprenditori del Nord, da sempre zoccolo duro del Carroccio. La coesione con cui invece i leghisti stanno dimostrando di avere giocherebbe un ulteriore punto a favore del consenso per Bossi e soci.
