Come succede spesso quando si passa una certa età, l’ex numero uno delle Generali, Antoine Bernheim, perde ogni ritegno e non nasconde il suo attaccamento al potere e alla poltrona. Oggi toccherà a lui, cedendo la carica di presidente a Cesare Geronzi e finendo nel paradiso dei presidenti onorari. Solo presidente onorario, senza una poltrona in Consiglio di amministrazione.
Farebbe quasi tenerezza se al posto di questo astutissimo, durissimo e spietatissimo capo d’azienda, oltre tutto anche pagatissimo, ci fosse un povero operaio mandato a riposo con un pensione da fame.
Ma al povero prepensionato nessuno darebbe ascolto, mentre Bernheim trova giornali, al di qua e al di là delle Alpi che danno voce al suo risentimento. Peccato, non per i giornali, ma per Bernheim, che non vuole ascoltare la lezione del suo grande connazionale e coetaneo, Charles Aznavour, di nascita armeno, che scolpisce in musica ancor oggi, dai teatri di tutto il mondo, i suoi implacabili versi: “Il faut savoir quitter la table…il faut savoir garder toute sa dignite…s’en aller sans se retourner” (Devi sapere lasciare il tavolo…devi saper conservare tutta la tua dignità, devi sapere andartene esenza girarti).
Tocca al quotidiano il Piccolo di Trieste, città sede principale dell’azienda e in cui, oggi, sabato 24 aprile, si svolgerà la assemblea degli azionisti delle Generali, registrare l’ultima lamentazione del vecchio signore. Bernheim piange per una ennesima promessa a vuoto di Silvio Berlusconi, che, a dire di Bernheim, gli aveva garantito che sarebbe rimasto a Trieste “fino a che fosse durata la crisi”.
Vien da dire: peggio per lui che si è fidato, basterebbe che leggesse qualche libro o una buona rassegna stampa per non stupirsi. Invece piagnucola: “Se avessi pensato che mi avrebbero allontanato mi sarei dimesso io per primo. Mesi addietro, il premier Berlusconi, a una cena all’ambasciata americana, mi disse che sarei rimasto fino a che fosse durata questa crisi economica. La crisi deve essere passata, anche se non me ne sono accorto”.
Forse Berlusconi era addirittura in buona fede quando fece la promessa: infatti per lui la crisi non è mai esistita.
Un dubbio che l’età possa contare nell’idea del sistema dei padroni di metterlo da parte sembra avere sfiorato Bernheim, ma solo per un secondo. Infatti ha aperto l’assemblea dicendo: “Non è senza una punta di emozione che partecipo a questa assemblea. Sembra che io oggi, all’età di 85 anni, sia un vecchio rimbambito”, ma ha subito corretto il tiro ricordando che “Cuccia a 93 anni era capo di Mediobanca, ed era crocevia della vita economica italiana”.
Poi, con una caduta di stile che la circostanza potrebbe spiegare, Bernheim ha anche ricordato nella sua relazione all’Assemblea, le umili origini dei due amministratori delegati della compagnia, Giovanni Perissinotto e Sergio Balbinot, rivendicando a sé il merito di averli valorizzati: “Perissinotto era considerato da Gutty il suo assistente, Balbinot non so se fosse considerato. In questi anni ho fatto uscire Perissinotto dall’anticamera. Era raro all’epoca fare avanzamenti di carriera se non per anzianità”. E ancora il tasto dolente: per causa dell’età “oggi si indietreggia, io ne sono l’esempio”. Ha raggiunto anni 85 di età, dicesi 85.
Poi un calcio sotto la linea per Balbinot, che “é talmente gentile ma forse ha il difetto di credere che tutto il genere umano sia gentile. Abbiamo fatto acquisizioni all’estero, in Cina siamo il secondo operatore nel ramo vita, e sospetto – che Balbinot stia imparando il cinese”.
Per essere sicuro di non risparmiare nessuno, Bernheim ha anche approfittato dell’intervista al Piccolo per promettere fastidi a Geronzi. Non che Geronzi non sappia come cavarsela: ha dimostrato negli anni una abilità e una capacità di sopravvivenza e di manovra ben superiori alla media dei suoi pari.
Ovviamente Bernheim si è detto intenzionato di accettare la presidenza onoraria delle Generali.
Subito dopo ha fatto sapere di aver ricevuto l’offerta di un ruolo importante nella Banca Leonardo di Gerardo Braggiotti. Braggiotti “mi ha chiesto di prendere un ruolo importante in Banca Leonardo, forse per aiutarlo soprattutto in Francia dove dicono che sono una leggenda e un personaggio mitico, mentre in Italia sono trattato in maniera diversa. Fondi di investimento mi hanno chiesto di entrare nel capitale e nella gestione. Ma non mi sono messo sul mercato del lavoro”.
Per mettere i puntini sulle i, Bernheim ha insistito sulla necessità per la compagnia di fare un aumento di capitale “se l’obiettivo è una crescita esterna”.
Poi l’affondo: “Non so cosa sia una presidenza onoraria. Ma dopo quasi 40 anni in questa compagnia, può essere che anche questo ruolo mi permetta di mantenere un legame con Generali, che mi trovo costretto a lasciare con vero e profondo dolore”.