ROMA – “La vecchia Italia è la zavorra della crescita mondiale e va ribaltata”. Carlo De Benedetti lo ha dichiarato durante il convegno dei Giovani di Confindustria, riuniti a Napoli il 18 ottobre. De Benedetti parla del “declino economico” e di una crisi di cui non si vede ancora l’uscita, ma aggiunge che pesa soprattutto “il declino morale che stiamo vivendo, il senso di frustrazione e di avvilimento che noi italiani stiamo vivendo”. La colpa del declino è da imputare, per De Benedetti, alla cattiva politica e gli scambi di interesse, di cui “Alitalia è uno dei simboli”.
De Benedetti non nasconde di avercela con la “cattiva politica”: “Certo che ce l’ho con la politica, ce l’ho con la cattiva politica, fatta di cinici intenti a fare solo i propri interessi. Ma è un giudizio che val per quello che qualcuno chiama ancora il salotto buono della finanza, una grottesca reiterazione di schemi che, dietro la facciata delle operazioni di sistema nascondevano solo credito facile agli amici del sistema, magari a braccetto con la politica, e tagliando fuori da una sana politica di credito la stragrande maggioranza delle pmi italiane”. Quindi un accenno al caso Alitalia, come “uno dei simboli di questo perverso scambio di interesse”.
Parlando della Legge di Stabilità, De Benedetti ha detto: “Dov’è la svolta? Dov’è l’ambizione del rilancio della crescita?. Il problema non sono Letta e Saccomanni. Cosa possiamo aspettarci, se non il minimo sindacale, da questo governo, da questa politica? In questa Italia? In questa situazione? Perciò serve una rivoluzione. Va ribaltata dal profondo questa Italia Vecchia”.
De Benedetti ha poi aggiunto che la vecchia Italia è “bloccata dalle rendite di posizione, dagli interessi di parte, dal cinismo di chi considera il potere un fatto privato da gestire a scopi privati, dai tanti che cercano solo di restare aggrappati a quel residuo di benessere e di privilegio che viene dal passato. Il grande tema oggi è la classe dirigente da cambiare. Le consorterie da combattere. Le corporazioni da abbattere, così come i poteri di veto sindacali e soprattutto questa orribile politica che si occupa sempre d’altro e mai dei problemi del Paese”.
Anche la tragedia di Lampedusa, “avvenuta nel mezzo di una discussione oscena sulla possibile crisi di governo legata alle sorti private di Berlusconi”, dice De Benedetti, “è stata una bomba che ha messo in luce l’inutilità e il carattere grottesco della nostra discussione politica”.
De Benedetti chiede poi spazio ad una generazione di trentenni, perché “solo loro sono fuori dalle incrostazioni, da legami e lacciuoli, che in qualche modo fanno di tutti noi uomini del passato”.
Sotto accusa, nell’intervento di De Benedetti, la classe dirigente: “Certe alte magistrature che in un rutilante scambiarsi di cariche e incarichi tengono in ostaggio l’amministrazione e spesso la politica stessa”. Poi anche ai “signori degli ordini professionali”, agli “eterni capi e capetti del sindacato”, ed a “certe vestali della cultura italiana che pensano che beni culturali, letteratura o teatro siano cosa loro”.
Tutti, sottolinea De Benedetti, “ma proprio tutti” contribuiscono “seppur con responsabilità diverse a un sistema bloccato e, appunto, declinante”. Serve, insiste, “una rivoluzione, una rivoluzione culturale e generazionale. Non c’è niente altro da fare, non ce la caveremo con un taglio di spesa in più o in meno, con un cuneo fiscale più o meno spuntato, con qualche liberalizzazione o con l’ennesima semplificazione annunciata e mai praticata”.