Le autorità cinesi hanno proclamato giorni fa la fine dell’epico ingorgo di traffico che ha costretto i guidatori alla totale immobilità per quattro o cinque interminabili giorni.
Questa è la buona notizia, che però ne contiene due cattive. Una è che l’ingorgo non è per nulla finito, e l’altra che probabilmente non finirà che, diciamo, nel 2012.
”Finito? Magari”, dice un agente della polizia stradale del dipartimento per l’autostrada di Zhangjiakou, ”tutte le corsie sono occupate. Chi si mette sull’autostrada dalla Mongolia Interna per raggiungere Hebei deve rassegnarsi a restare bloccato quattro o cinque giorni”.
Il Grande Ingorgo Cinese del 2010, lungo un centinaio di km, sull’autostrada che collega Pechino a Hohot, capitale della Mongola Interna, ha avuto ampia pubblicità sui media stranieri, assieme ai venditori ambulanti di noodles bollite e vendute a prezzi da usuraio ai prigionieri dei loro mezzi.
Secondo il New York Times, l’ingorgo ha cominciato a formarsi un anno fa, risultato delle difficoltà che incontrano le aziende edilizie nel tenere il passo con la vertiginosa crescita economica cinese. In questo caso specifico, la decisione governativa di soddisfare la crescente domanda di energia elettrica attingendo alle miniere di carbone della Mongolia Interna ha scatenato un interminabile serpente di migliaia di camion per il trasporto del carbone, rendendo del tutto vani gli sforzi della polizia stradale di mettere ordine nel caos.
Il governo sta costruendo due linee ferroviarie lungo la rotta dei camion, una per il carbone e l’altra per le merci, oltre ad una terza linea riservata al traffico passeggeri nel tentativo di alleviare il traffico. Ma queste ferrovie saranno pronte slo nel 2012, se va bene.
Così i giganteschi imbottigliamenti che hanno afflitto quest’estate l’autostrada di Hangjiakou continueranno senza alcun dubbio. In realtà, per gli esperti logistici cinesi è un miracolo che non ve ne siano stati altri.
I problemi che si trovano di fronte i costruttori cinesi si rilevano dalle statistiche, esse stesse sbalorditive. Il Paese non ha fatto che costruire per decenni: nel 2000 la cina aveva 13 mila km di autostrade, e dieci anni dopo sono diventati quasi 71 mila. Nel 2020 conta di superare gli Stati Uniti.
Le costruzioni ferroviarie hanno proceduto quasi con lo stesso ritmo: 4.300 km di nuovi binari l’anno, secondo i dati forniti dal ministero per le Comunicazioni, assieme a miglioramenti di ferrovie preesistenti per migliorare velocità e capacità di trasporto.
Ma i piani di costruzione del governo non hanno coinciso con i suoi ugualmente vasti piani energetici. La produzione di elettricità è solo raddoppiata dal 2000, e a generarla sono per due terzi impianti carboniferi, a paragone di metà negli Stati Uniti. Un tempo la provincia di Shaanxi, nella Cina centrale, era la maggior fornitrice di carbone per le centrali, ma una serie di problemi ha indotto il governo a passare nella Mongolia Interna, nell’estremo nord cinese.
E lì è nato il problema. La produzione carbonifera mongola è esplosa, più 37 per cento a 637 milioni di tonnellate solo l’anno scorso, con un altro aumento del 15 pr cento atteso quest’anno. Gran parte del carbone dovrebbe raggiungere i porti cinesi sulla costa orientale, per poi essere spedito via mare alle grandi città del sud. Ma neanche il nuovo sistema autostradale della cina è sufficiente ad assorbire tali volumi.
Anche partendo da Pechino verso occidente – sull’ autostrada a sei corsie che costeggia la Grande Muraglia assediata dai turisti – ingorghi di traffico possono bloccare i guidatori per ore. Un camionista, Wang Haihe, ha dichiarato al NyTimes: ”Più strade costruiscono, più congestionate diventano, e poi continuano a costruire altre strade”.