ROMA – “Anche i ricchi piangono” : lo giurava l’ex fiscalista Tremonti e c’era da credergli almeno più del titolo gridato su Liberazione, quotidiano comunista. Ma, cifre alla mano, i suddetti ricchi al massimo sbuffano. Il famigerato contributo di solidarietà, l’eufemistico balzello che terrorizzava Berlusconi alla fine è diventato realtà, dopo diversi stop and go, ripensamenti, abiure, tentennamenti. L’ultima manovra, l’ultima di una lunga serie in pochi giorni, ha partorito alla fine la supertassa. Di super c’è solo la stucchevole manfrina che porterà nelle casse dello Stato non più di 342 milioni nei prossimi tre anni. I 34 mila agiati signori che guadagnavano più di 300 mila euro l’anno scorso, non se la passeranno poi tanto male nemmeno i prossimi tre.
Per dire, uno che dichiarava un milione, dovrà rinunciare, se proprio vuole fare economia, a regalare un’utilitaria alla figlia maggiorenne, una cosa da 11 mila euro, niente di lussuoso. La situazione economica così grave imponeva scelte diverse: non è un discorso classista, ma c’è differenza tra un sacrificio e una mancia. E chiederla allo 0,075% dei 41,5 milioni di contribuenti italiani si fa fatica a considerarlo un provvedimento universale. Vediamoli nel dettagli questi sacrifici, per ogni fascia di reddito interessata. Ognuno può consultare la somma che lo Stato chiede come contributo per salvare il Paese e farsi un’idea di quante lacrime per ogni euro verranno versate. Un secchio vuoto, a occhio e ciglio asciutto.
– 300 mila euro annui: nessun contributo di solidarietà
– 350 mila euro annui: 1.500 euro lordi, 855 netti
– 400 mila euro annui: 3.000 euro lordi, 1.710 netti
– 450 mila euro annui: 4.500 lordi, 2.565 netti
– 500 mila euro annui: 6.000 euro lordi, 3.420 netti
– 550 mila euro annui: 7.500 euro lordi, 4.275 netti
– 600 mila euro annui: 9.000 euro lordi, 5.13 netti
– 1 milione di euro annui: 21.000 euro lordi, 11.970 netti