Per Silvio Berlusconi la Spagna sta peggio di noi, ma il sottosegretario Gianni Letta non nasconde la preoccupazione. Durante la riunione del consiglio dei ministri, ha brevemente accennato al tema dello spread tra Bpt e Bund, giunto in Italia a 210 punti. ”Noi siamo a 210 punti, in Spagna arrivano invece a 400 e passa”, ha detto il presidente del Consiglio secondo quanto riferito dal ministro dello Sviluppo economico Paolo Romani, al termine della riunione.
Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta nonostante le rassicurazioni del premier ha espresso una “forte preoccupazione” per la situazione dei mercati. “Questa – ha detto Letta – è una giornata impegnativa per le turbolenze sui mercati”, turbolenze “più forte dell’Aids e che meriterebbero un vaccino anche loro. Che dai mercati possa arrivare un affondo sull’euro cercando di coinvolgere nel contagio Irlanda paesi più solidi come Spagna e Portogallo e forse anche l’Italia è una preoccupazione forte”. Letta, rivolgendosi ai ricercatori presenti in sala, ha detto inoltre: “Spero di uscire immune dal contagio del rischio Irlanda per recarmi al Tesoro e dire che se l’Italia uscirà immune da questo rischio potremo garantire a voi un avvenire migliore e meno stentato”.
I rischi di contagio per la situazione irlandese potrebbero quindi espandersi dalla Spagna e Portogallo anche al Belgio e all’Italia. Il differenziale di rendimento tra Btp decennali e Bund tedeschi vola martedì mattina a 210 punti base, nuovo livello massimo dalla nascita dell’euro: il ribasso della Borsa è trascinato appunto dai titoli assicurativi e bancari, dove sono custodite importanti quantità di titoli di stato italiani.
Intanto a metà mattinata di martedì 30 novembre l’euro è sceso sotto la soglia degli 1,30 dollari: la moneta unica viene scambiata a 1,2999 dollari per la prima volta da metà settembre. Poi recupera di poco a 1,3021 dollari.
Per l’Italia già ieri nel giorno del tonfo delle Borse è arrivata anche qualche preoccupazione economica dalla Commissione europea: secondo Bruxelles il Pil salirà nel 2011 dell’1,1%, esattamente come quest’anno, e solo nel 2012 toccherà un +1,4% che sarà comunque inferiore di mezzo punto alla crescita media della zona Euro. Il rapporto deficit/Pil scenderà, ma più lentamente rispetto agli auspici: dal 5% (nel 2010) al 4,3% (2011), al 3,5% (2012). Ma l’Europa chiede di tornare sotto il 3%. Quanto al debito pubblico italiano, secondo le previsioni Ue resterà sempre in alto: 118,9% del Pil nel 2010, 120,2% nel 2011 e 119,9% nel 2012. Olli Rehn, il commissario Ue agli affari economici e monetari, ha commentato: «È fondamentale che l’Italia rispetti i suoi obiettivi fiscali: se necessario dovranno essere presi ulteriori provvedimenti. Ne sapremo di più quando faremo le valutazioni su misure e obiettivi nella procedura per deficit eccessivo».
C’è un rischio bancarotta alle porte per altri Paesi allora dopo Grecia e Irlanda? Ce la farà l’Italia ad evitare il contagio? Per Simon Ward, capo economista alla Henderson Global Investors di Londra contattato dal Riformista, «un salvataggio irlandese non risol- verà il problema fondamentale, ovvero il fatto che la crescita economica nei periferici è stata annullata da una combinazione di contrazione monetaria e rafforzamento dell’euro. Senza crescita, i piani di consolidamento fiscale non funzioneranno, spingendo altri paesi sulla linea del fuoco».
SPAGNA Secondo quanto scrive Paul Krugman “il piatto forte è la Spagna.Da un punto di vista americano, della Spagna colpisce molto quanto la sua economia assomigli alla nostra. Come l’America, la Spagna ha vissuto una grande bolla immobiliare, accompagnata da un notevole aumento dell´indebitamento nel settore privato. Come l’America, la Spagna è caduta in recessione quando quella bolla è esplosa, e ha subito un´impennata della disoccupazione. Come l’America, infine, la Spagna ha visto il proprio deficit di bilancio gonfiarsi a dismisura, grazie a introiti in picchiata e a spese riconducibili alla recessione. Contrariamente all’America, però, la Spagna è sull’orlo di una crisi debitoria. Il governo statunitense non sta incontrando difficoltà nel finanziare il proprio deficit, avendo tassi di interesse sul debito federale a lungo termine inferiori al tre per cento. La Spagna, invece, nelle ultime settimane ha assistito a un gigantesco aumento del costo dei prestiti, fattore che riflette le crescenti preoccupazioni di un possibile default in futuro.