ROMA – “Sepolture troppo care, con la crisi è boom di cremazioni”: titola così un articolo dell’edizione romana del Messaggero di oggi (16 ottobre). Che il business del caro estinto si riveli un infallibile indicatore economico è tutto da dimostrare. Tuttavia, un’occhiata ai numeri suggerisce una certa circospezione, non solo perché si parla di decessi, di loculi, di urne cinerarie. La crisi afferra il morto, il quale dietro di sé non lascia solo un vuoto da riempire di lacrime ma anche conti e fatture da onorare, almeno per organizzare il suo domicilio definitivo.
Evitando la classica sepoltura si risparmiano in media mille euro. Una spesa non indifferente, tanto è vero che un romano su tre quest’anno ha scelto di farsi cremare. Le cifre le fornisce l’Ama, l’azienda municipalizzata che dai rifiuti urbani alle spoglie umane, si occupa dello smaltimento di ciò che resta. Passando in rassegna questa contabilità funeraria si rileva che da gennaio sono 15423 i decessi registrati a Roma. Le salme si dividono in tumulate (7366) in loculi o tombe di famiglia, inumate, cioè sepolte a terra (2881) e cremate (5176). L’ultima categoria ha visto un boom di, diciamo così, iscrizioni che vale un incremento del 17%.
Il dato tendenziale racconta di un progressivo affrancarsi delle persone dai divieti posti dalla Chiesa (che ha finito per accettare la creamazione ma non lo spargimento delle ceneri), ma l’improvvisa impennata descrive con chiarezza sepolcrale le difficoltà economiche delle famiglie a sostenere il peso della congiuntura. Al punto di trascurare il rischio elevato di truffe post-mortem come gli scandali avvenuti a Roma dello scambio di corpi e delle false cremazioni. Non è certo di qualche consolazione ricevere l’urna che si suppone del tuo caro contenente invece le ceneri di uno sconosciuto o addirittura un mucchio di volgare sabbia.
Ma il catalogo delle offerte funerarie non contempla sconti o detrazioni fiscali. Un’urna da sola (un “vasetto di crema” avrebbe detto il barone Zazà interpretato da Totò) costa 390 euro. Se sei un deceduto residente, altrimenti il prezzo imposto ai forestieri è di 560 euro. Una spesa abbordabile, con il vantaggio di risparmiare ai sopravvissuti le fatiche delle visite al cimitero, sempre lontano e irraggiungibile. La soluzione più economica è l’inumazione a terra, 522 euro senza discriminazione per i non residenti: ma, appunto è la scelta meno allettante, i cimiteri italiani non sono belli come quelli anglosassoni e il verde riservato ai trapassati rischia di ingrigire in anonimi sterrati poco decorosi.
Seppellire alla maniera tradizionale costa. Il costo medio di un loculo varia da 1800 a 2000 euro, per una concessione trentennale. Se si è disposti a spendere di più per una vita nell’aldilà più comoda e chic la tomba di famiglia resta il non plus ultra: la concessione dell’area su cui edificarla può costare anche 25 mila euro, i più accorti possono portarsela via per 6 mila euro. Vanno aggiunte le spese di tumulazione (303 euro per i singoli, 345 per la tomba di famiglia).