Mentre a Bruxelles l’Europa sta mettendo in gioco il “tutto per tutto” per salvare la moneta unica e gli Stati che potrebbero essere oggetto di attacchi da parte della speculazione finanziaria, la Gran Bretagma rifiuta di sottoscrivere il fondo europeo da 60 miliardi di dollari a sostegno dalla valuta unica. Secondo un diplomatico britannico, che vuole rimanere anonimo, lo Stato della Regina Elisabetta II avrebbe dichiarato: «Non parteciperemo al fondo di salvataggio europeo».
Una dichiarazione quasi scontata visto che la Gran Bretagna non appartiene alla zona euro. La questione di sicurezza della moneta unica e la crisi della Grecia non interesserebbe quindi alla nazione inglese. Diversamente sarebbe andato, forse, se a vincere le elezioni inglesi fosse stato Nick Clegg, convinto europeista. Il leader dei liberaldemocratici avrebbe sicuramente dato un’accelerazione all’ingresso nella zona euro della Gran Bretagna, discussa e ormai rinviata forse al 2016, e il “no” di oggi, forse, non sarebbe arrivato.
La mossa di Londra arriva nell’imminenza del doppio vertice previsto per oggi (uno della Commissione europea, uno dell’Ecofin) per varare le misure in grado di mettere in sicurezza l’euro e gli Stati dell’Eurozona che sono sottoposti all’attacco della speculazione finanziaria. La proposta sarà discussa a in una riunione straordinaria della Commissione Ue già cominciata e poi sarà presentata alle 15 ai ministri delle finanze della Ue, ai quali spetta la parola conclusiva. «Prima si riunirà tutto il collegio, poi il commissario Olli Rehn (responsabile degli affari monetari ed economici) si recherà direttamente al Consiglio per illustrare la proposta ai ministri«, riferisce il portavoce Amadeu Altafaj.
«Il lavoro di preparazione è andato avanti per tutta la notte e prosegue anche ora: sarà ultimato nella riunione del collegio. È una situazione eccezionale, perchè i leader hanno deciso un’accelerazione di tempi per il meccanismo».
Cominciano intanto a trapelare le prime indiscrezioni sui provvedimenti che saranno sul tavolo dell’Ecofin. Innanzitutto si pensa di realizzare un fondo cosiddetto salva-Stati, per evitare altri rischi di default dopo quello della Grecia, che dovrebbe funzionare come «un piccolo Fmi in versione europea o una piccola banca». Il meccanismo – che dovrebbe essere in grado di movimentare tra i 60 e i 70 miliardi di euro – dovrebbe prevedere, così come avviene per i prestiti a favore delle bilance dei pagamenti dei paesi che non fanno parte dell’euro, la raccolta di fondi sui mercati da parte della Commissione Ue a sostegno degli Stati in difficoltà.
L’emissione di titoli sul mercato sarebbe garantita dagli Stati membri in modo «esplicito». Il sostegno della Banca centrale europea sarebbe «implicito». L’Istituto di Francoforte, con decisione autonoma, sarebbe pronto ad agire acquistando titoli pubblici degli Stati con problemi di finanziamento sul mercato.