L’ipotesi di lanciare eurobond entra ed esce da almeno dieci anni dalle stanze delle istituzioni europee ed anche oggi, 16 dicembre, al vertice Ue di Bruxelles, che ha deciso la creazione di un fondo permanente contro il rischio di bancarotte finanziarie di uno Stato membro, è aleggiata sulle teste dei leader, come un convitato di pietra gradito ad alcuni e inviso ad altri.
A dettare la linea, su questa come sulle altre questioni, è stata la cancelliera tedesca Angela Merkel. La Germania – ha ribadito Merkel – è contraria agli eurobond perché “eliminerebbero le debolezze in Europa, ma eliminerebbero anche la pressione sugli Stati indebitati per risanare i propri bilanci”. Il lancio dei titoli europei imporrebbe infatti la condivisione dei rischi nella gestione del debito europeo.
Sulla posizione di Berlino è affiancata ovviamente la Francia: al tredicesimo consiglio dei ministri franco-tedesco tenuto a Friburgo, lo scorso 10 dicembre, i due Paesi hanno concordato la linea dura contro gli eurobond. Per lanciarli, peraltro, servirebbero modifiche sostanziali al trattato di Lisbona. Quella concordate oggi, 16 dicembre, tra i capi di Stato e di governo, sono invece “molto limitate e mirate” e serviranno esclusivamente per istituire il fondo anti-crisi permanente, considerato dalla maggioranza la prima priorità.
Quasi tutti i governi espressi da un leader del partito popolare sposano la linea Merkel-Sarkozy: “Sugli Eurobond il messaggio del Ppe è chiaro e univoco: nessuno è contro, ma la discussione ora è inopportuna, potrebbe bloccare l’approvazione del meccanismo salva-Stati”, ha riferito il segretario generale del Ppe Antonio Lopez Isturiz.
Anche dal direttore generale del Fmi, Dominique Strass-Khan, è arrivato un ammonimento: la Ue non dovrebbe valutare l’ipotesi degli eurobond proprio ora che fronteggia la crisi, e farebbe meglio – ha dichiarato Strauss-Khan – a rinviare una simile discussione fino a che l’attuale instabilità non sarà contenuta.
A rilanciare l’ipotesi di emettere eurobond per condividere i rischi legati ai debiti sovrani e difendere i Paesi dell’euro più in difficoltà di fronte agli attacchi della speculazione èinvece il presidente dell’Eurogruppo e premier del Lussemburgo, Jean-Claude Juncker, secondo il quale l’opzione merita di essere presa in considerazione. Juncker, pure lui della famiglia Ppe, può contare sul sostegno del Parlamento europeo.
In una risoluzione approvata proprio oggi, l’Euroassemblea ha chiesto alla Commissione Ue di presentare una proposta “praticabile” basata sulla valutazione dell’impatto che tale strumento avrebbe sui bilanci nazionali e sui mercati. E il suo presidente, il polacco Jerzy Buzek, ha chiesto ai leader che la questione sia affrontata “insieme a tutti gli altri strumenti” che possono dare una risposta sistemica al debito europeo e alla necessità per l’Europa di reperire risorse proprie. Ma per oggi, gli eurobond restano fuori dalla porta. In attesa che nel summit di marzo rientrino dalla finestra.
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