Economia

Dolce & Gabbana banditi da e-commerce in Cina dopo gli spot “razzisti e sessisti”

Dolce e Gabbana banditi da e-commerce in Cina dopo lo spot “razzista”

ROMA – Dolce & Gabbana e gli spot definiti “razzisti e sessisti” diventano un caso internazionale. I prodotti della griffe italiana infatti, sono spariti dalle piattaforme di e-commerce cinesi.

Il boicottaggio è sui tre colossi del settore cinesi Tmall, JD.com e Suning, quelli cross-border NetEase Kaola e Ymatou, e compagnie del luxury e-commerce come Secoo e Vip.com, e Yhd.com. Su Weibo, il Twitter locale, D&G è tra i primi 4 dei principali 5 trending topic, dopo le polemiche sui video “razzisti e sessisti” e ulteriori commenti su Instagram.

Le conseguenze economiche di questo guaio potrebbero essere molto rilevanti. Dolce & Gabbana sta cercando, come molte aziende di moda, di entrare nel mercato cinese, uno dei più propensi a spendere nel mondo del lusso. Secondo un rapporto del giornale cinese LinkShop, nel 2016 la zona dell’Asia e del Pacifico ha rappresentato più del 30 per cento della quota di mercato di Dolce & Gabbana. 

La storia è iniziata lunedì con la diffusione online da parte di Dolce & Gabbana di tre video con una modella asiatica che cerca di mangiare cibo italiano – pizza, spaghetti e un cannolo siciliano – con le bacchette. I video, accompagnati dall’hashtag #DGLovesChina e #DGTheGreatShow, dovevano promuovere la sfilata di Shanghai ma sono stati ricevuti malissimo: sono stati accusati di riproporre un’immagine stereotipata della Cina che non esiste più, tra lanterne, musichette ridicole e rosso ovunque, e di essere non solo ignoranti ma anche derisori.

Il video con il cannolo ha anche un certo grado di sessismo, con una voce maschile fuori campo che dice alla ragazza: “E’ troppo grande per te?”. Le polemiche hanno causato la rimozione dei tre video da Weibo – social media usatissimo in Cina – nel giro di 24 ore.

Un popolare account di Instagram che si chiama DietPrada – considerato molto temuto dalle case di moda e che da anni ha un pessimo rapporto con Dolce & Gabbana – ha criticato aspramente la campagna, e ha pubblicato gli screenshot dei messaggi privati tra Michaela Tranova, una collaboratrice di DietPrada, e Stefano Gabbana. Tranova aveva chiesto conto a Gabbana dei video e aveva ricevuto in risposta da Gabbana una serie di messaggi a cascata in cui insultava la divisione cinese della sua azienda per aver cancellato i video dai social network cinesi, e la Cina in generale: “D’ora in poi dirò in tutte le interviste che faccio che la Cina è un paese di merda e che può stare tranquilla, viviamo benissimo senza di te”.

Secondo Gabbana – che da tanto tempo usa Instagram molto e in modo molto disinvolto e poco istituzionale – i video erano immaginati come un tributo che mostra semplicemente la realtà della Cina: se i cinesi si sono offesi – Gabbana ha anche indugiato sul fatto che i cinesi mangiano i cani – sono loro a sentirsi inferiori, e non Dolce & Gabbana a essere razzista. Negli ultimi messaggi di Gabbana c’è scritto: “Cina Ignorante Mafia sporca puzzolente”. In un messaggio rivolto a DietPrada, invece: “Pensi che abbia paura dei tuoi post? Ahahahaha”.

Gli screenshot dei messaggi di Gabbana sono stati condivisi su Weibo centinaia di volte, aumentando l’indignazione e portando poco dopo diversi attori, modelli e altre celebrità cinesi a decidere di non partecipare più alla sfilata, e annunciarlo pubblicamente; anche la direttrice di Vogue China Angelica Cheung ha annullato la sua presenza e le agenzie Bentley e Xing Li hanno detto che non avrebbero mandato le loro modelle in passerella.

Alla fine l’evento è stato cancellato e l’azienda si è scusata, dicendo che i suoi account sono stati hackerati e che i messaggi in questione non erano autentici: “Siamo molto dispiaciuti per i disagi provocati da questi post, commenti e messaggi diretti non autorizzati. Per la Cina e la sua gente proviamo soltanto rispetto”. Stefano Gabbana ha pubblicato su Instagram uno screenshot della conversazione con Tranova con sopra scritto in rosso “Not Me”, “Non sono io”.

Published by
FIlippo Limoncelli