Donne d’impresa: fare arte a Firenze, con Silvia Serafini. Classe 1966, fiorentina doc ha dedicato la sua vita all’Arte. Pittrice contemporanea ma anche – come ama definirsi lei – “una vera copista” di dipinti antichi: Silvia Serafini.
I colori forti dal rosso al blu, al violetto, l’ocra trasmettono nelle sue opere la passione di questa signora fiorentina che predilige fra i suoi soggetti frammenti di strutture architettoniche secolari che vengono proiettati in un non tempo, fra passato e futuro.
Famose le sue cupole e le finestre che si aprono su orizzonti infiniti. “I miei lavori – dice Silvia – ritraggono Firenze, edifici, architettura alla scoperta di dinamismo in soggetti immobili”. La sua ricerca artistica ricorda le famose Tour Eiffel di Robert Delaunay perché ci sono nei suoi lavori gli stessi principi di astrazione, in un percorso di scomposizione dell’elemento architettonico.
Il paragone con il maestro del Cubismo Orfico è ancora più evidente per le dinamiche cromatiche che sono un elemento fondamentale e che caratterizzano le opere di Silvia Serafini. Tante le sue mostre personali e collettive, in Italia e all’estero. Eclettica e creativa, sono famose le sue uova di struzzo dipinte, come anche le illustrazioni fatte per una pubblicazione di “Pinocchio” per la casa editrice Mandragola.
Ma sono anche molto apprezzati i ritratti dei suoi cani, che trasmettono sentimenti quasi umani e tenerezza. A Firenze lo sguardo dei suoi pet ha conquistato quasi tutte le case, in onore del migliore amico dell’uomo che rimane indimenticabile nel tempo con i suoi ritratti appesi al muro. La sua voglia di dipingere non si è mai esaurita, fin dai tempi dell’Istituto delle Arti ed il Restauro di Palazzo Spinelli e della Free School of the Nude dell’Accademia di Belle Arti di Firenze che sono stati luoghi della sua formazione artistica. Le abbiamo chiesto:
Prima la pandemia di Covid 19, poi la guerra in Ucraina. Sono momenti veramente così difficili per tutti. È davvero un’impresa per gli artisti poter sopravvivere in un’economia di mercato così instabile.
I momenti sono molto difficili, ma devo dire che durante il lockdown ho avuto un momento molto creativo, quasi di riorganizzazione mentale.
Sono uscite molte idee nuove ed ho sviluppato moltissimo l’uso dei social media per proporre il mio lavoro. Sicuramente nel momento in cui eravamo segregati per la pandemia, il lavoro non è mancato, anzi, ha avuto un balzo in avanti per quanto riguarda le vendite. Invece la guerra, ha dato veramente una flessione di commissioni, purtroppo, ma anche di contatti con i clienti. Mentre durante la pandemia i contatti si erano intensificati, negli ultimi due mesi, le persone che si rivolgevano a me per commissionarmi dipinti o progetti si sono arenate. Anche chiedere un semplice preventivo spaventa. Resisto perché gli artisti sono abituati a situazioni di incertezza, cerco di guardare avanti con ottimismo.
Progetti futuri, speranze e delusioni per chi lavora nel mondo dell’Arte. Sarà così per tutta la vita?
Di progetti ce ne sono molti. Negli anni, ne ho passate tante, ed ho imparato che l’unica vera medicina alle crisi (torri gemelle, crisi economica, concorrenza cinese, covid, ecc. ecc.) è proprio non fermarsi, anzi, raddoppiare gli sforzi nei momenti difficili premia sempre e ti rafforza. Certo si spera cambi qualcosa in meglio, ma questo purtroppo non posso saperlo, quindi cerco di sfruttare al meglio il mio tempo creativo e non abbattermi.
Tra le sue esperienze, anche quella dell’insegnamento. Cosa ci può raccontare dei suoi allievi? Firenze culla dell’arte e storia di “botteghe” continua la sua tradizione artistica di cui lei è figlia. Se fosse nata in Cina, forse non sarebbe mai diventata un’artista. O sì?
Ho sempre avuto degli allievi al mio studio, e posso dire che è una delle cose che mi piace di più. Insegno quello che ho imparato, e trasmetto ciò che so fare, in più di 35 anni di pittura e di gavetta in “bottega”. Mi piace anche raccontare ai miei “scolari” (…sono tutti adulti) le mie esperienze, la mia vita da pittrice, perché credo sia molto importante raccontare la vita di pittore, le sperimentazioni tecniche, le esperienze con i committenti, i successi e le sconfitte.
Confrontarmi e condividere con loro è parte importante della mia professione. Fra le mie più grandi soddisfazioni c’è quella di poter trasmettere la mia stessa passione. Le più grandi soddisfazioni vengono proprio dagli allievi più acerbi, perché rivedo me stessa, ed è bello vedere i loro progressi.
Il colore è magia
Quando ho tenuto delle lezioni a dei bambini, il bello era vedere le loro facce quando mescolavo il giallo con il blu e come per incanto usciva fuori il verde. L’emozione che ti dà un uso sapiente del colore è incomparabile: la chiamerei arte terapia. Secondo Goethe nella sua famosa “Teoria dei Colori”, possiamo curare le nostre ansie più segrete proprio attraverso le varie sfumature che l’universo dei colori ci offre. Il marrone, per esempio, significherebbe uno stato d’animo molto legato alla terra, il viola ci porta nell’esoterismo e nella magia, il rosso è energia e la passione dei sensi, il blu l’amore nella sua accezione più spirituale. Quando si arriva a prediligere il colore della luce, cioè il giallo, siamo liberi e il nostro spirito vola alto in una dimensione di pura serenità.
Per quanto riguarda la Cina, non saprei, so solo che la vita di un pittore cinese è molto diversa da un pittore fiorentino, e chissà cosa sarei diventata. Ognuno di noi è “imbevuto” della propria cultura… io amo la mia Firenze con la sua architettura storica dei nostri geni del Rinascimento. Le pagode, seppure bellissime, non sono la mia aspirazione più grande.
Molti i giovani che amano definirsi artisti. Ma ad “arrivare” sono sempre in pochi. Un consiglio per chi vuole fare di questa passione un vero lavoro. Un tempo c’erano mercanti d’arte, oggi sostituiti dai “social”. Anche l’arte si è adeguata a nuovi modelli di comunicazione?
Quando mi chiedono consigli dico solo questo: bisogna avere delle basi solide, ovvero, la tecnica è fondamentale, il percorso di un pittore deve avere una preparazione classica, secondo me, per poi arrivare anche all’astrazione. Non ci si può improvvisare, è anche una forma di rispetto per noi stessi.
Il mio professore di disegno ci diceva sempre questo: Picasso poteva anche permettersi di scrivere SCUOLA con la Q, perché sapeva perfettamente come si scrive, gli improvvisati la scrivono con la Q perché non sanno qual è la forma corretta. Ovvero Picasso si poteva permettere di fare tre segni per dipingere un viso, ma alla base aveva una tecnica pittorica perfetta. E poi ci vogliono: la perseveranza e la determinazione. Non basta esser bravi. Dobbiamo credere in quello che facciamo, ed essere pronti alle critiche, alle stroncature senza farsi scoraggiare. Seguire il proprio istinto con umiltà.
Per quanto riguarda i social, credo che non ci si possa esimere dall’adeguarsi al mondo che cambia, e ok alla tecnica antica, con pigmento e pennello, ma anche all’uso dei social e dei mezzi che oggi la tecnologia ci offre.
Una vita per l’Arte e l’arte per la vita. Ma ne è valsa davvero la pena? A cosa ha dovuto rinunciare Silvia Serafini?
Si, non potevo fare scelta migliore: il mio lavoro è tutto, e non sento rimpianti per le rinunce che ho fatto, anzi, mi hanno rafforzato. Io sono il mio lavoro. Anche adesso rinuncio a tante cose, ma quando sono nel mio studio (il mio angolo di paradiso), sono appagata e FELICE.